Su 10 esponenti dell’ex braccio destro di Berlusconi, sette astenuti e due contrari. Esecutivo sotto di tre. Brunetta: "Verdiniani o non verdiniani maggioranza non c'è più. Good morning Vietnam-Senato. Ciao Renzi"
“Governo battuto a Palazzo Madama su riforma Rai. Verdiniani o non verdiniani maggioranza non c’è più. Good morning Vietnam-Senato. Ciao Renzi”. Firmato Renato Brunetta. Che ha riassunto così, su Twitter, una battuta d’arresto che per il premier è risicata nei numeri, ma assai significativa nel contenuto e nella forma. Perché la stampella del nuovo gruppo Ala di Denis Verdini ha subito assunto le sembianze di un vuoto a rendere. Oggi la prima conferma, durante il voto al ddl Rai. Il governo, infatti, è stato battuto al Senato, dove è stato approvato un emendamento all’articolo 4 della riforma: cancellata la delega all’esecutivo per la revisione del canone (che riguardava anche la disciplina del finanziamento dell’emittenza locale). La soppressione dell’articolo era stata avanzata dalle opposizioni (Fi, M5s, Lega e Sel, ma anche dalla minoranza Pd) con vari emendamenti identici. Governo e relatori avevano posto parere contrario, ma l’aula si è espressa in senso diverso con 121 sì e 118 no. Applauso in Aula, sguardi tesi tra i banchi della maggioranza.
Guerini: “Andar sotto può capitare. Determinanti gli assenti”
Tre voti di differenza, quindi: distanza minima a livello algebrico, ma peso specifico importantissimo dal punto di vista politico. E non tanto per i 18 senatori della minoranza Pd che hanno votato l’emendamento soppressivo (12, invece, i dem che non hanno votato proprio) quanto per il comportamento di Ala, il nuovo gruppo di fuoriusciti da Forza Italia che fanno capo all’ex braccio destro di Berlusconi Denis Verdini. Che a Palazzo Madama può contare su 10 esponenti: di questi, 2 hanno votato contro il governo e sette erano assenti. Un messaggio assai chiaro al governo Renzi. Soddisfazione e sentimento di rivalsa in Forza Italia, con le parole di Renato Brunetta sintomatiche di una situazione non facile per l’esecutivo a matrice democratica. Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini ha cercato di sminuire la questione, ma non ha potuto non sottolineare il peso che hanno avuto le assenze: “Può capitare ed è capitato in altre occasioni di andare sotto su qualche emendamento, è successo in tutti i provvedimenti, è fisiologico – ha detto Guerini – Anche in questo caso la differenza l’hanno fatta gli assenti: 121-118. Tra l’altro l’emendamento è su un punto non importante. Se necessario lo correggeremo alla Camera“.
Orfini contro la minoranza interna: “Così si smonta il Pd”
Contro la minoranza interna, invece, la presa di posizione di Matteo Orfini: “Quanto accaduto oggi al Senato è incomprensibile. Se il voto in dissenso dal gruppo diventa non un’eccezione limitata a casi straordinari ma una consuetudine, significa che si è scelto un terreno improprio per una battaglia politica” ha detto iil presidente del Pd, secondo cui “così non si lavora per rafforzare un partito ma per smontarlo. Dispiace che a farlo sia proprio chi ha predicato per anni il valore dell’unità interna“. Ancor più duro il senatore Salvatore Tomaselli: “Che ci siano senatori del Pd che gioiscano in Aula e sui media per aver battuto il proprio Governo è semplicemente ignobile”.
“Prime crepe a nuovo patto del Nazareno”
Dopo la soppressione dell’art.4 del ddl Rai e dopo una breve sospensione, il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, ha comunicato di aver verificato che è possibile procedere comunque con l’esame del provvedimento. Alla ripresa dei lavori, sono intervenute le opposizioni, che hanno suggerito di fermarsi “un attimo” (Alberto Airola del M5s) chiedendo di rimandare la nomina del cda. “Non stiamo facendo una cosa seria, c’è un’approssimazione davvero impressionante” ha spiegato invece Loredana De Petris (Sel). “Si rinvii l’esame a settembre quando discutere una riforma vera della Rai”, ha spiegato ancora De Petris. “C’è un stato di confusione del governo” che “versa in uno stato di schizofrenia”, è la posizione di Anna Cinzia Bonfrisco (Cri) che ha poi chiesto che “entro domani la commissione di Vigilanza Rai sia regolarmente costituita” anche perché c’è il rischio che le sua decisioni siano impugnate. Il grillino Fico, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, ha spostato l’asticella già più in là: “L’accordo sul nome del nuovo presidente Rai c’è già, magari è un accordo di do. Do ut des”. “Il canone ha ragione di essere solo se c’è un servizio pubblico indipendente e autorevole – ha aggiunto Roberto Fico – Questo è il motivo per cui i cittadini pagano il canone. Senza questo motivo il canone non ha più ragione di essere e va bene non pagarlo se la Rai diventa un’azienda lottizzata”. Il commento più caustico, però è a firma del fittiano Bruni: “Nonostante la campagna acquisti il governo Renzi mostra tutta la sua debolezza. La maggioranza è allo sbando e il soccorso di Verdini non è stato sufficiente. Il patto del Nazareno mostra già le prime crepe come dimostra la bocciatura della delega al governo al finanziamento della Rai”.
Approvato articolo 5
Approvato senza particolari problemi, invece, l’articolo 5 del disegno di legge con 146 sì, 92 no e 6 astenuti. Si tratta dell’articolo che contiene la delega al governo per il riassetto normativo ed è stato modificato, dopo le richieste di opposizione e minoranza Pd di restringere la delega, a seguito dell’approvazione di un emendamento presentato dalla Lega Nord, riformulato su proposta del relatore, secondo cui il governo è delegato a riordino e semplificazione delle disposizioni vigenti “anche ai fini dell’adeguamento dei compiti del servizio pubblico, tenuto conto dell’evoluzione tecnologica e di mercato, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Via libera anche all’emendamento del relatore con le nuove norme per le modifiche allo statuto della tv pubblica.