Nel 2007 la quota di mercato della ex compagnia di bandiera nello scalo della provincia di Varese era del 46,8%. Dopo la cancellazione di 891 voli settimanali su 1.238 è scesa al 4,1%. Antonio Albrizio, segretario regionale Uil Lombardia: "Fa sorridere che ora Cassano dica che lo scalo romano non è adeguato per fungere da hub"
Fiumicino sotto scacco degli incendi e poi in black out. Ma ancora prima del rogo del 29 luglio nella pineta accanto allo scalo Alitalia ha diffuso la conta dei danni e minacciato di andarsene dalla capitale se l’hub romano non saprà rispondere con investimenti degni di questo nome. Le conseguenze dell’incendio divampato il 7 maggio scorso al terminal 3 all’aeroporto di Fiumicino ammontano finora a 80 milioni di euro, ha reso noto la compagnia di cui Etihad ha comprato il 49%. E ora, ha dichiarato l’amministratore delegato Silvano Cassano, continuano a esserci “problemi e limitazioni che hanno ancora pesanti effetti sulle operazioni aeroportuali”. Morale: “Se Fiumicino continuerà a puntare su compagnie low cost e servizi mediocri, Alitalia sarà costretta a spostare la sua crescita altrove”. E il pensiero corre subito a Malpensa, il secondo aeroporto d’Italia, dove Alitalia ha però mantenuto due sole rotte intercontinentali (New York e Tokyo) con l’aggiunta di Shanghai dal 1 maggio 2015 per tutta la durata di Expo.
Era il 31 marzo 2008 quando Alitalia decise di avviare il processo definito di “de-hubbing” sull’aeroporto di Malpensa, con la cancellazione di 891 voli settimanali su 1.238 totali, oltre il 70% di quelli operati dalla (ormai ex) compagnia di bandiera e oltre il 35% dei voli complessivi dello scalo intercontinentale che sta in provincia di Varese. Questo ha significato sottrarre a Malpensa circa 8 milioni di passeggeri sui 24 milioni serviti nel 2007. E privare l’aeroporto della propria compagnia di riferimento. La quota di mercato di Alitalia a Malpensa, che era del 46,8% nel 2007, è scesa al 4,1% (dato gruppo Clas).
Non solo. Nel luglio del 2007 venne presentata da Sea, gestore degli aeroporti di Milano, un’ipotesi di piano industriale che prevedeva un forte sviluppo dello scalo e del sistema aeroportuale milanese nel suo complesso, definendo ruoli precisi. “Soltanto 15 giorni dopo, quel piano fu stravolto da Alitalia”, ricorda Antonio Albrizio, segretario regionale Uil Lombardia, all’epoca segretario della Uiltrasporti Varese. “Non si erano fatti i conti con la volontà del governo e di Alitalia (che non si era mai davvero attrezzata per fare di Malpensa un proprio hub) di ridurre, inizialmente, la presenza sullo scalo per poi quasi azzerarla. Quasi mille voli alla settimana in meno, con conseguenze che si possono facilmente immaginare in termini economici e di occupazione”.
Ora, “ripensando alla scelta del 2007, mi viene da sorridere leggendo le dichiarazioni dell’ad di Alitalia Silvano Cassano quando dice che Fiumicino non è ancora una struttura adeguata a fungere da hub – commenta Albrizio – Non servono reazioni emotive alle difficoltà, non le condividerei nemmeno se favorissero Malpensa. Serve una vera strategia del sistema Paese”. Se ci fermassimo a riflettere sulla storia di Malpensa, “non potremmo che chiederci come sia stato possibile che un investimento del genere, di grande rilevanza per il Paese, finanziato anche dall’Unione europea, abbia dovuto affrontare enormi difficoltà che vanno ben oltre le note difficoltà del settore”.
Evidentemente “vi è stata una grave mancanza di visione strategica, visione che ancora fatico a intravedere negli strumenti di programmazione in discussione”, evidenzia Albrizio: “Il Piano aeroporti definisce Malpensa strategico con un ruolo di gate intercontinentale, ma sarebbe bene definire come poter garantire un vero sviluppo in questo senso, limitando l’alimentazione di altri hub europei ed aumentando le destinazioni intercontinentali”.