La propaganda nordcoreana ha messo al bando le canzoni della resistenza. Nell’attesa dell’annunciato concerto a Pyongyang della band slovena Laibach per celebrare il sessantesimo anniversario dell’indipendenza dal Giappone, le attenzioni del regime si concentrano sulla censura della musica. Non si tratta soltanto del K-pop sudcoreano o di album occidentali. La scure dei censori si sta abbattendo anche sui brani nordcoreani che potrebbero insinuare nei cittadini l’idea della protesta o della critica. Un tentativo apparente di evitare ipotetiche tensioni e instabilità politica.

Le ultime direttive diramate dal Dipartimento di Propaganda includono una nuova lista di canzoni proibite. Secondo quanto riportano fonti citate dal Daily NK, sito vicino all’ambiente degli esuli e dei rifugiati nordcoreani, i divieti comprendono anche colonne sonore di film girati in Corea del Nord. Tra i brani menzionati, alcuni fanno parte delle musiche di Im Kkeok Jeong, produzione che racconta la storia di un eroe contadino del XVI secolo, la cui figura può essere accostata a quella di Robin Hood.

Un brano come “Entrate in azione fratelli“, spiega il sito, è infatti ritenuto quanto meno pericoloso con strofe che parlano di lacrime e sangue o di genitori e bambini impoveriti. E per questo già anni fa era stato inserito nella lista nera. Le situazioni cantate possono infatti essere messe a paragone con le condizioni della popolazione. Lo stesso vale per un’altra canzone, Vendetta, il cui titolo e contenuto non sono graditi alla propaganda. Pertanto non vanno soltanto vietate, ma distrutte. Gli incaricati del governo, continua il resoconto, sequestrano cassette e cd per poi bruciarli. Non senza qualche attrito con la popolazione. Soprattutto perché per diversi nordcoreani è difficile capire la regione per la quale una canzone prodotta nel Paese dovrebbe essere vietata. L’effetto indesiderato di tali misure è, inoltre, il rinnovato interesse per canzoni della tradizione che, altrimenti, sarebbero state dimenticate.

A rinforzare lo spirito patriottico dei nordcoreani, nelle intenzioni del governo, ci dovranno invece pensare le band impegnate nella competizione per celebrare l’anniversario della fine del conflitto coreano del 1950-53, o come è chiamato a Nord del 38esimo parallelo, l’anniversario della vittoria nella Grande guerra per la liberazione della madrepatria. La scaletta, come riporta l’agenzia ufficiale Kcna, è stata composta prevalentemente da canti di guerra e l’intera manifestazione aperta dalla “Canzone del generale Kim Il Sung“. Altri titoli comprendono la “Canzone della difesa nazione“, “Andremo sul monte Paektu“, riferimento alla montagna sacra per i coreani, e “La battaglia decisiva“. Il tutto condito da attacchi contro l’imperialismo statunitense e glorificazioni delle capacità militari di Kim Il Sung.

I prossimi 19 e 20 agosto il clima dovrebbe invece essere diverso nel caso la controversa band industrial rock Laibach, primo gruppo straniero a farlo, salga veramente sul palco del conservatorio di Pyongyang, davanti a un pubblico di circa mille persone. Anche gli sloveni, per quanto iconoclasti, hanno però spiegato di dover adattare la scaletta al contesto, suonando anche brani della tradizione coreana. E sul timore della censura, Ivan Novak, uno dei componenti, ha spiegato in una recente intervista che lui e i compagni si comporteranno “come i normali ospiti dovrebbero fare”. Sul fronte delle opinioni politiche, comunque, non dovrebbero scontentare più di tanto il regime, in particolare imputando l’attuale situazione nella penisola all’intervento di potenze straniere, ossia Usa e Cina. Musica per le orecchie di Kim e generali.

di Andrea Pira

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