Antonio Cieri, ferroviere di Vasto, fu allontanato da Ancona perché “testa calda”, spedito a Parma “tra zanzare, afa e piccioni che cagano dove non potrai far danni”. Salvo incontrare quel Guido Picelli che condurrà lui e i ribelli della Parma Vecchia (presente “Oltretorrente” di Cacucci?) sulle Barricate del 1922, respingendo i fascisti. Anarchico questo Cieri, grande uomo, poi esule in Francia, ma la Guerra Civile di Spagna chiama e lui risponde. Lì morirà ucciso, colpevole di libertà, anche dai partiti.
Zerocalcare parte da Roma, zona Rebibbia, armato di china e matita. Si intitola “Kobane Calling”, reportage memorabile dal confine turco-siriano, storia di oggi, ribelli kurdi contro Isis e indifferenza occidentale. Che ci fa un fumettaro romano laggiù? Ci disegna che Kobane è il centro di tutto, punto. Ma che c’entra con Parma, Cieri e le Barricate? Che quel reportage termina proprio così, con l’orgoglio dell’Oltretorrente di quella Parma di quell’agosto di quel ’22.
Zerocalcare chiama Kobane, che chiama Oltretorrente, che chiama Antonio Cieri, che risponde Savino Paparella.
Savino viene dal sud, non so di preciso. E’ uno di quei meridionali la cui gavetta sarebbe capace includere l’aver venduto asparagi in un mercato rionale di Milano. Ma oggi è attore teatrale di talento e racconta (sull’impeccabile testo di Matteo Bacchini) Antonio Cieri “Al Forestér – Vita accidentale di un anarchico”, senza recitarlo in quanto gli riesce d’esserlo e ne suda la vita in sessanta minuti, macina chilometri e anni di vita in pochi metri di scena, ribalta tavolo e sedia come mondi capovolti. Savino vive Antonio provocando un dubbio profondo: basterà essere spettatori di questo spettacolo?
Tre uomini venuti da fuori Parma mi ritrovano un pezzo di memoria, storia che il presente chiama in causa (non invecchia e non galleggia sulla quella propaganda politica che alle Barricate preferisce il monumento).
Quelli erano anni in cui ci si ribellava per carattere e la politica era ancora distante. Come noi oggi da Kobane.