Alla commemorazione della Strage di Bologna, il governo non se la caverà con il solito ministro irresponsabile dalle inutili promesse come è accaduto con Delrio e Poletti. Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime, parlamentare Pd molto deluso, è chiaro: “Non abbiamo intenzione di fischiare nessuno, contesterò il comportamento del governo Renzi che in 35 anni è l’unico che non ha mantenuto la parola data. Se il premier non vuole essere contestato chieda immediatamente all’Inps di applicare la legge 206 sui risarcimenti alle vittime di stragi approvata nel 2004: subito la pensione alle quattro persone (allora bambini) rimaste ferite sull’80% del corpo, per i restanti aventi diritto con legge di Stabilità. Renzi, contro la nostra volontà, ci sta obbligando a portare l’Inps in tribunale”.
Il 2 agosto 1980 i criminali fascisti Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini misero una bomba alla Stazione di Bologna che esplose alle 10,25: 85 morti e 200 feriti. A chi interessa la verità? I politici di oggi, come quelli di allora, sono alla ricerca dell’oblio. Il tempo consuma la storia: i testimoni scompaiono e i giovani, non sono aiutati dalla scuola a conoscere i fatti. “Renzi era partito bene quando nel 2014 fece declassificare i documenti delle stragi dal 1969 al 1984. La direttiva non doveva essere lasciata andare al caso”. Secondo Bolognesi il governo avrebbe dovuto seguirla anche nei minimi dettagli, e ad applicarla non dovrebbero essere gli stessi uomini che nel passato avevano nascosto gli atti. Non esiste un elenco consultabile e i documenti che vengono consegnati sono a discrezione dei singoli ministeri. “Mi sembra una barzelletta. Avevamo consegnato 70 domande ai servizi segreti, dopo un anno hanno risposto solo a 4: sui rapporti tra Fioravanti, Gelli e la P2, ci hanno risposto che non c’è nulla”.
Bolognesi non si arrende, grazie alla digitalizzazione degli atti dei processi e all’importante lavoro fatto dai magistrati sulla strage di Brescia, che ha portato la Cassazione a condannare all’ergastolo i fascisti di Ordine nuovo Maggi e Tramonte, scoprono la relazione tra Fioravanti e la P2 di Gelli. Elio Massagrande, uno dei fondatori di Ordine nuovo, rifugiato in Paraguay, nel 1984 ospita Gelli dopo l’evasione dalla Svizzera. Lì il Venerabile riceve una lettera dai fascisti Paolo Marchetti e Rita Stimamiglio in cui gli scrivono: “Saremmo onorati di incontrala”. I due coniugi avevano ospitato a Padova Fioravanti e Mambro subito dopo la strage di Bologna.
“L’esistenza di rapporti tra la P2 e gli assassini fascisti è documentata. Perché l’abbiamo trovata noi e non i servizi segreti?” Bolognesi aggiunge: “I depistaggi esistono ancora oggi, come quello inventato da Cossiga: la fantomatica pista palestinese”. Quella lettera di per sé non dice nulla, ma è importante se messa in relazione con altri fatti documentati. Fioravanti, che non è solo uno spietato killer o un capro espiatorio, come qualcuno tenta di far credere, è il filo conduttore che lega l’omicidio del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980) e l’assassinio del giudice Mario Amato che stava indagando sui fascisti e aveva intuito ciò che stava per accadere.
La sentenza della Cassazione sulla strage di Brescia è importante perché ha creato un percorso. “Nel 1974 sono quattro le stragi, solo mettendole in relazione l’una con l’altra si può arrivare al vero obiettivo dei mandanti”. Vi è un’altra promessa disattesa da parte del governo che riguarda l’introduzione nel codice penale del reato di depistaggio e inquinamento processuale. Nel 2013 Del Rio disse: “Costruiremo una corsia preferenziale per approvarla al più presto”. La legge è stata votata alla Camera nell’autunno 2014, grazie al lavoro in Parlamento di Bolognesi, poi insabbiata al Senato.
Il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2015