Un assalto in piena regola e in pieno giorno, questa mattina vicino alla Gare du nord, quartiere di Kamenge, nord di Bujumbura: a perdere la vita il generale Adolph Nshimirimana, braccio destro del presidente burundese Pierre Nkurunziza. La sua vettura è stata centrata da due razzi tipo RPG seguiti poi da raffiche di kalashnikov. Testimoni sul posto parlano di un pickup militare con a bordo persone in uniforme, ma finora non è possibile dire se si trattasse di un travestimento o meno. Tutto è possibile, visti i numerosi nemici che il generale aveva collezionato nella sua “carriera”: capo dei servizi segreti fino allo scorso novembre, ai suoi ordini e a lui in persona sono attribuite decine di esecuzioni extragiudiziali, stragi di civili e torture. Era noto e temuto come un uomo sanguinario e senza scrupoli, nelle cui mani stava buona parte delle sorti del paese.

L’omicidio, o si potrebbe dire l’attentato, avviene in un momento estremamente delicato per il Burundi: il 21 luglio scorso si sono svolte le elezioni presidenziali, più volte rimandate e infine boicottate dalle opposizioni. Il presidente Nkurunziza si è così aggiudicato un terzo mandato ritenuto incostituzionale dagli oppositori interni e dalla comunità internazionale. Certamente a lui (ma non solo) erano rivolte le parole del presidente statunitense Barack Obama, che pochi giorni fa ad Addis Ababa, parlando alla sede dell’Unione Africana, aveva fortemente condannato e anche irriso i presidenti africani che non vogliono cedere la poltrona, “pur essendosi molto arricchiti”.

Da aprile il paese è teatro di proteste di piazza contro il terzo mandato presidenziale, che sono state soffocate nel sangue, lasciando a terra più di cento manifestanti, colpiti spesso proprio da quella polizia che obbediva agli ordini di Nshimirimana. Secondo l’UNHCR, ammontano a oltre 144mila i burundesi che da aprile hanno varcato le frontiere, ammassandosi in campi profughi in Rwanda, Congo e Tanzania, per timore del precipitare degli eventi. Lo scorso 13 maggio si era registrato un tentativo di colpo di stato, fallito due giorni dopo.

Nel frattempo, non erano mancate le persecuzioni alla stampa libera, con radio e siti web oscurati e i giornalisti non asserviti al potere costretti alla fuga all’estero o alla clandestinità. Tra loro, era stata assaltata e data alle fiamme anche la radio Radio Publique Africaine di Bob Rugurika, che all’inizio dell’anno aveva mandato in onda un’inchiesta secondo la quale proprio il generale Nshimirimana sarebbe stato il mandante della brutale triplice esecuzione delle suore italiane Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian, avvenuta lo scorso settembre.

La tensione nel paese è palpabile. Si attende di vedere quali saranno le conseguenze della morte di quello che tutti chiamavano, semplicemente, “Adolphe”. Il primo giornalista a dare notizia dell’accaduto, Esdras Ndikumana, corrispondente di Radio France International e AFP, è stato arrestato, picchiato brutalmente al punto da rompergli un braccio e poi rilasciato. Altri arresti vengono segnalati a Gitega, seconda città del paese, dove sarebbero state fermate e malmenate dalla polizia alcune persone che stavano semplicemente commentando online l’accaduto. Anche dalla capitale Bujumbura giungono in queste ultime ore le prime segnalazioni di ritorsioni ed esecuzioni. Il paese è sull’orlo del baratro e le prossime ore potrebbero essere decisive.

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