Ci sono momenti difficili nella crisi europea e nel disperato rapporto con la Grecia. Chi in seguito studierà la sequenza, in qualunque scena o momento della crisi troverà Christine Lagarde. Ogni sua apparizione è un presagio di condanna, un segno che la partita volge al peggio. Tutto ciò, ovvero un’impressione tanto negativa e diffusa, non si deve certo al suo solerte lavoro di custode dei soldi del mondo. Forse conta la sua immagine eccessiva, troppo grande e troppo di lusso, che stabilisce subito nessuna relazione con chi se la trova di fronte proprio in momenti di ristrettezze.
A differenza di altri grandi e ingombranti burocrati, la sua immagine eccessiva si nota perché si è assunta lei il compito di certificare che, tra due opzioni in discussione, conta sempre la peggiore. Le importa molto fare in modo che non si cada nell’equivoco di uno spiraglio di ottimismo. Se avete dimenticato un debito, lei ve lo ricorda nel momento più imbarazzante. Se l’avete pagato, vi fa presente che ce n’è un altro, più grande, e che il tempo è quasi scaduto. Cerco fra gli articoli, tanti, che la riguardano ogni giorno, e riguardano il suo potentissimo Ente, il Fondo Monetario Internazionale. Scelgo una frase a caso. Ecco: “Il Fmi, riunito a Washington, ha valutato il nuovo salvataggio messo a punto dalla zona Euro e ha deciso che non può appoggiare l’accordo se alcune condizioni non sono rispettate”. (La Stampa, 31 luglio). Le condizioni sono sempre capestro e sembrano tratte da un nuovo Cinquanta sfumature di grigio, dove il sadismo è rigorosamente finanziario. Per sadismo intendo tre mosse che, nella “governance” di Christine Lagarde, non mancano mai. Avvertire che “la situazione è peggio di come sembra”. Ammonire che “l’impegno preso non basta”. Far sapere a un Paese quasi distrutto che “il futuro non sarà così facile”. Subito dopo piovono cifre. Indicano il vecchio debito, specificano il nuovo debito, lo confrontano in pubblico con la miseria del presunto pagatore, che, annuncia il Fondo, ovviamente non può farcela. E Christine Lagarde, come prova di buona volontà, si farà avanti in persona, munita di un foulard indimenticabile, per indicare specificamente le cose che, con pazienza e buona volontà, bisogna affrontare. Sono, più o meno, il taglio di tutto ciò che garantisce un minimo di civiltà, dalle pensioni anche minime (meglio cominciare dai poveri, che si lamentano comunque) e spingendo i ragionevoli a condividere il suo credo: la vita interna di uno Stato e dei suoi cittadini non ha importanza. Il suo dio non sono né Keynes né Milton Friedman, ma il mondo di Dickens (la prigione per debiti) dove non valeva certo la stupidaggine dei “diritti acquisiti” da tanta gente che, anche con cattivi governi, ha lavorato molto e pagato tutto.
Due cose non contano per la signora che blocca la porta di un Paese in crisi e non se ne va finché non incassa. Non ha importanza la ricchezza del mondo (che in strane e lontane epoche poteva trasformarsi in manifestazioni di solidarietà tipo il piano Marshall). Chi deve pagare, paghi. E non ha importanza come diavolo vive o non vive la gente. Poiché si pensa molto a Christine Lagarde, è impossibile non domandarsi da dove viene. Viene da buone scuole francesi senza eccellenza ma, per qualche ragione, in questo mondo meritocratico, qualcuno nota qualcuno che deve andare a fare certe cose da qualche parte. Lagarde entra in un ufficio legale e diventa il capo. Entra nel partito di Sarkozy e la fanno ministro tre volte, prima della Pesca, poi dell’Industria, poi dell’Economia. Eccola ministro con Sarkozy, una destra rigida di cui nessuno ricorda successi. E poi eccola al Fondo Monetario Internazionale, cassaforte del mondo agiato, col suo gran foulard, e la sua tranquilla aria padronale.
Perché qui? Perché una cameriera dell’Hayatt Hotel di New York una bella mattina si è trovata a passare nella stanza in cui Dominique Strauss-Kahn, allora capo del Fmi, aspettava nudo. Si scatena una serie di processi, a New York e in Francia, da cui Strauss-Kahn alla fine viene assolto. Ma si era dimesso subito (e della cameriera non sapremo più nulla). Ma proprio lì accanto, già col foulard al vento, Christine Lagarde era in attesa. Tocca a lei adesso, non a un economista di portata internazionale come Strauss-Kahn, guidare le finanze del mondo. A questo scambio deve il suo destino la Grecia. Anche se, in Francia, Madame Lagarde è indagata per abuso d’ufficio (non si è dimessa), anche se i giornali francesi hanno pubblicato una sua lettera a Sarkozy, trovata durante le perquisizioni. Cito da Wikipedia: “Sono qui per servire te e, sotto la tua guida, la Francia. A volte mi sono allontanata e ti chiedo perdono. Usami come e quando credi nei tempi e funzioni che decidi tu. Se lo fai, ho bisogno di te come guida”. Come vedete, per arrivare nel posto giusto, in un mondo meritocratico, bisogna fare e dire la cosa giusta.
(Dal Fatto Quotidiano del 2 agosto 2015)