Diritti

Gerusalemme, la morte di Shira Banki al Pride: quando la religione nega i sentimenti

Attentato al Gay Pride di Gerusalemme

L’aggressione al pride di Gerusalemme del 30 luglio scorso, durante il quale un ebreo ultraortodosso ha accoltellato diversi partecipanti, ha avuto il suo tragico finale nella morte di Shira Banki, una delle vittime di quel gesto folle e crudele. Atto che potremmo considerare di un pazzo, ma che ha radici profondissime e diramazioni poderose che nascono in quella striscia di terra detta oggi Israele e che arrivano fino a casa nostra, attraverso quelle che definiamo, con Franco Buffoni nel suo saggio ‘Laico alfabeto in salsa gay piccante‘, religioni abramitiche.

Cristianesimo, Islam ed Ebraismo condannano nei loro testi sacri l’omosessualità. Varie le interpretazioni, rispetto a tale posizione. Per alcuni: la Palestina era un regno minuscolo, schiacciato tra imperi più grandi e pericolosi e la sessualità non procreativa toglieva la possibilità di generare soldati. Per altri: quelle società sono fortemente maschiliste e se percepiscono la donna come soggetto inferiore, mai potranno accettare un uomo che si “femminilizza” proprio nell’esercizio della sua sessualità. Quale che sia l’origine della condanna, di fatto quel sistema di credenze fornisce ancora oggi giustificazioni morali a chi, in nome di Dio (qualunque sia il suo nome), si sente autorizzato a discriminare, negare diritti, imprigionare e, infine, uccidere. Succede, quando la luce divina – invece di guidare – acceca.

Islam, in arabo, significa sottomissione. L’uomo, se vuole raggiungere il regno dei cieli, deve sacrificare se stesso in nome del dio in cui crede. Ed è tutta cristiana l’idea di corpo come tempio di Dio. E per tale ragione, non lo si può esporre, quel corpo, a scelte che dispiacerebbero entità superiori che hanno lasciato norme e divieti ma che poi, a ben vedere, non hanno dato prova tangibile della loro presenza. Interruzione di gravidanza, sesso pre-matrimoniale, omoerotismo e trattamento di fine vita (per citarne alcune) ricevono il niet delle sfere religiose. Sembra che l’obbedienza, spacciata per amore, verso un’entità astratta debba essere superiore all’amore per sé (e per il prossimo). I tre grandi monoteismi, in questo quadro, si configurerebbero come una negazione della nostra umanità, delle sue necessità e dei suoi desideri. Non è un caso, a mio personale giudizio, che poi si verifichino episodi come quello di Gerusalemme o le condanne a morte dell’Isis agli omosessuali. Non so se sapete come avviene l’esecuzione: li portano su un tetto, li lanciano nel vuoto e li finiscono lapidandoli. Mi sembra che nessun papa, sentinella o politico “cattolico” – chiedo preventivamente perdono qualora mi sbagliassi – abbiano mai condannato questo tipo di gesti. Il Vaticano, però, si è opposto anni or sono alla risoluzione all’Onu per depenalizzare l’omosessualità in quei paesi in cui è previsto il carcere o la pena capitale.

Molto probabilmente, negli occhi dell’aggressore di Gerusalemme, la marcia dell’orgoglio ha avuto la colpa di macchiare la città santa esibendo il peccato. Karol Wojtila sul World Pride del 2000 dichiarò:“A nome della Chiesa di Roma non posso non esprimere amarezza per l’affronto recato al grande Giubileo dell’anno 2000 e per l’offesa recata ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore di tutti i cattolici del mondo”. In entrambi i casi non si vede l’umanità di chi vi partecipa. Con conseguenze immaginabili.

Le persone LGBT scendono in piazza col proprio corpo, mostrando la propria esistenza. Per qualcuno ciò è inaccettabile. Alcune persone si limitano alla condanna morale, i soggetti più estremi arrivano ad uccidere. Fenomeni molto diversi, che fanno la differenza tra mera stigmatizzazione e crimine, ma che hanno un unico denominatore comune: l’omofobia. In nome di un dio messo male, tra l’altro, se per ottenere gloria deve rifarsi a divieti che vanno contro i sentimenti delle persone, fino ad arrivare alla loro uccisione.

Shira Banki aveva sedici anni e manifestava, molto probabilmente, perché un giorno lei o i suoi amici potessero amarsi in libertà, alla luce del sole, senza lo sguardo odioso di chi – forte dei testi sacri – si sente autorizzato a condannarci scomodando le categorie del peccato. Qualcuno ha reciso quel sogno e, con esso, una vita. Quando la prossima volta, vedendo un pride, storcerete il naso, fermatevi a pensare un attimo. Forse dietro certo fastidio c’è un sistema di pensiero che non vede l’umanità delle persone. A tal punto che, in certi casi, le uccide pure. Non credo sia bello scoprire di essere da quella parte.