Cronaca

Morto Giovanni Conso, presidente emerito della Corte Costituzionale

Era nato a Torino 93 anni fa. Era stato ministro della Giustizia nel primo governo Amato e nel governo Ciampi. I funerali a Roma. Era indagato per false dichiarazioni nel processo trattativa

E’ morto stanotte a Roma Giovanni Conso, presidente emerito della Corte Costituzionale. Conso era nato a Torino il 23 marzo 1922. Professore ordinario di procedura penale, era stato nominato Giudice Costituzionale il 25 gennaio 1982. Era stato eletto presidente il 18 ottobre 1990 e aveva esercitato le funzioni fino al 3 febbraio 1991. Nel 2012 era stato iscritto nel registro degli indagati per “false informazioni al magistrato nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia”.

Conso è stato anche ministro di Grazia e giustizia nel primo governo Amato (12 febbraio – 28 aprile 1993) e del governo Ciampi (28 aprile 1993-16 aprile 1994), oltre che presidente dell’Accademia dei Lincei.

Avvocato, professore universitario, ha insegnato procedura penale nelle facoltà di giurisprudenza delle Università di Genova, Urbino, Torino, della “Sapienza” di Roma e della Lumsa di Roma. Professore emerito di Procedura penale presso l’Università di Torino è stato membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura dal 1976 al 1981.

Durante il suo mandato come Guardasigilli, nel marzo del 1993, si aprì a Palermo l’indagine giudiziaria per associazione mafiosa nei confronti di Giulio Andreotti. Non solo. Fu proprio durante gli anni in cui Conso era titolare del ministero in via Arenula che Cosa nostra mise in atto la strategia stragista in Continente con gli attentati di Firenze, Roma e Milano.

Sempre sotto il suo mandato non venne rinnovato il carcere duro per alcuni boss mafiosi: un atto di distensione da parte dello Stato per bloccare le stragi, secondo i magistrati palermitani. E per questa decisione venne chiamato a testimoniare nel 2010 nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Ma Conso ha sempre ribadito che quella fu “una scelta autonoma”, sostenendo che da parte sua “non c’è mai stato neppure il barlume di una possibilità di trattativa. Non solo, disse di aver scelto Francesco Di Maggio al vertice del Dap “perché andava in tv”. Secondo gli inquirenti, invece, quella nomina si inseriva nel dialogo tra istituzioni e Cosa nostra.

Da Guardasigilli, nel ’93 – in piena Tangentopoli – firmò insieme a Giuliano Amato il decreto di depenalizzazione del reato di finanziamento illecito dei partiti, criticato duramente dai magistrati di Milano, che il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di firmare. La camera ardente sarà allestita nel palazzo della Consulta. I funerali si celebreranno a Roma nella basilica di Santa Maria degli Angeli.