Venerdì 31 luglio Amnesty International, Article 19, Avvocati senza frontiere – sezione belga, Euro Med Rights, la Federazione internazionale dei diritti umani, Human Rights Watch, l’Organizzazione mondiale contro la tortura e il Carter center hanno espresso forte preoccupazione per la nuova legge antiterrorismo, approvata il 25 luglio dal Parlamento tunisino con 174 voti a favore, zero contrari e 10 astenuti.
La legge era stata trasmessa dal governo di Tunisi all’Assemblea dei rappresentanti del popolo il 26 marzo, otto giorni dopo la strage del museo del Bardo, ed è stata approvata a pochi giorni di distanza dall’altro sanguinoso attacco di Sousse.
L’obiettivo della legge è giusto ma, secondo le otto organizzazioni non governative, il Parlamento di Tunisi dovrebbe modificarla per ridurre il rischio, oggi elevato, che causi violazioni dei diritti umani. Come può lasciare tranquilli una legge che consente di interrogare per 15 giorni un sospetto senza avvocato, favorendo così la tortura, e che autorizza i tribunali a svolgere udienze a porte chiuse e mantenere l’anonimato delle testimonianze, riducendo in questo modo i diritti della difesa?
Il paragone corre alla vecchia legge antiterrorismo del 2003, ai tempi dell’ex presidente Zine El-Abidine Ben Ali. Fino al 2011 grazie a questa legge vennero processati 3000 presunti terroristi, molti dei quali poi condannati sulla base di prove estorte con la tortura.
Come allora, la definizione attuale di “terrorismo” è troppo ampia e ambigua. Comprende, ad esempio, “azioni volte a recare danno a proprietà pubbliche e private, risorse vitali, infrastrutture, mezzi di trasporto e di comunicazione, servizi di tecnologia informatica o servizi pubblici, quando tali azioni facciano parte di un’impresa individuale o collettiva intenzionata a diffondere volutamente il terrore tra la popolazione o a costringere il governo o un’organizzazione internazionale a compiere un atto o ad astenersi dal compierlo”.
Una disposizione di legge così formulata potrebbe reprimere azioni che secondo il diritto internazionale non sono qualificabili come terrorismo, come ad esempio manifestazioni nelle quali sono compiuti atti di violenza.
Rispetto alla legge del 2003, quella attuale aumenta da sei a 15 il numero di giorni in cui un sospetto può essere interrogato in un luogo segreto e senza avere contatti col mondo esterno e con un avvocato. Questa prolungata custodia di polizia, ovunque nel mondo sia prevista, favorisce la tortura. Oltretutto la norma è in contrasto con la Costituzione del 2014, che prevede la presenza di un avvocato sin dal momento dell’arresto e non solo dopo la comparizione davanti a un giudice al termine degli interrogatori.
Poi, c’è la pena di morte. Rimasta in vigore anche con la nuova Costituzione sebbene mai applicata dal 1991, ora è prevista per gli atti di terrorismo che causino la morte di persone e per i casi di stupro.
Da segnalare, infine, che gli estesi poteri di sorveglianza previsti dalla nuova legge dovranno essere autorizzati da un giudice. Questa previsione, assente nella legislazione da poco approvata in Francia, offre qualche garanzia in più contro le intercettazioni indiscriminate.