Baristi, pr, buttafuori, camerieri e cassieri: sono i lavoratori della discoteca chiusa dal questore. Mattia Duranti, responsabile piramide del locale romagnolo: “Sono arrabbiato e amareggiato perché si è persa l'occasione di fare qualcosa di positivo per i giovani e cambiare una legge vecchia di 90 anni"
Spente le luci, svuotata la sala, alla piramide più famosa della Romagna rimangono i lavoratori. Quelli che di notte, ma anche di giorno, si danno da fare per mettere in moto e far funzionare la macchina di una discoteca meta ogni sera di migliaia di persone. Sono i 200 dipendenti e collaboratori del Cocoricò, il locale di Riccione sospeso per 4 mesi dal questore, dopo la morte di un 16enne per overdose di ecstasy. Baristi, pr, buttafuori, camerieri e cassieri, a cui si aggiungono coloro che si occupano del marketing, della comunicazione e dei rapporti con gli artisti. Alcuni stagionali, alcuni no. Ma tutti preoccupati e con il fiato sospeso, perché una decisione di questo tipo per loro potrebbe significare dire addio allo stipendio. E questo a stagione appena iniziata.
Del resto il patron della discoteca, Fabrizio De Meis, è stato chiaro: “Se non sarà rivisto dal Tar, quello del questore è un provvedimento che porterà al fallimento”. Entro mercoledì 5 agosto sarà presentato ricorso, ma nel frattempo per chi orbita intorno al Cocoricò è inevitabile ragionare sul futuro. Il momento è delicato, l’aria tesissima, e le conseguenze ancora poco chiare. “Siamo fermi per ora, in attesa. Di sicuro in settimana faremo una riunione per capire come andare avanti”.
Mattia Duranti è ‘responsabile piramide’ della discoteca romagnola. Alle spalle ha parecchi anni di lavoro nei locali notturni, ed è un universo che conosce bene. “Sono arrabbiato e amareggiato perché si è persa l’occasione di fare qualcosa di positivo per i giovani e cambiare una legge vecchia di 90 anni, come il Tulps. Con le stragi del sabato sera ad esempio fu fatto. In questo caso no. Hanno preferito lasciare tutto così com’è. Ma penso anche a tutta la fatica sprecata, quella fatta durante l’anno per preparare la stagione, chiamare gli artisti e fare la promozione”. Intorno alle notti del Cocoricò, infatti, ci sono ore di lavoro per mettere in piedi una serie di attività, che vanno dai banchetti alle convenzioni con le strutture alberghiere e la vendita dei pacchetti. Una rete che coinvolge diversi attori e che muove decine di migliaia di euro.
In una conferenza stampa organizzata a Roma, De Meis ha detto che la decisione della questura potrebbe mandare in fumo utili intorno ai 2 milioni di euro. “Considerando che d’inverno si lavora a pieno regime una sera a settimana, il grosso del fatturato è legato ai tre mesi estivi”. Di sicuro, la bufera si è abbattuta sul Cocoricò nel periodo di maggiore attività, con un calendario fitto di serate da tutto esaurito, e una serie di dj della scena internazionale ingaggiati e già retribuiti.
“La programmazione del Diabolika e del Black and White, ad esempio, andrà persa. Il 90% degli artisti sono stati pagati in anticipo, e molti non ritrattano. Qualcuno magari si renderà disponibile a spostare la data più avanti, ma la situazione comunque è complicata. Sono soldi e ore di lavoro buttati. E anche volendo portare tutto in un’altra location non avremo mai la stessa riuscita”.
Restano confermati invece gli eventi del locali collegati al Cocoricò, come il beach club della zona del Marano, sempre a Riccione.