“La scelta che abbiamo davanti è quella tra la diplomazia e una certa forma di guerra”. Non usa mezzi termini, Barack Obama, all’American University di Washington. Per cercare di convincere l’opinione pubblica americana, e il Congresso repubblicano, della necessità di sostenere l’intesa sul nucleare iraniano, il presidente americano fa balenare lo spettro di una nuova guerra in Medio Oriente. E, con altrettanta decisione, attacca il principale avversario di quell’intesa: “Ogni Paese al mondo, eccetto Israele, sostiene l’accordo con l’Iran”, spiega Obama.
Il presidente Usa ha scelto l’American University per lanciare il più forte e convinto appello a ratificare l’accordo sul nucleare raggiunto il 14 luglio a Ginevra. La scelta non è casuale. Proprio all’American University, 52 anni fa, John Fitzgerald Kennedy parlò della necessità di usare gli strumenti della diplomazia, per evitare lo scoppio di una guerra nucleare. “Non concentriamoci soltanto sulle nostre differenze, ma pensiamo anche ai nostri interessi comuni e a come superare le differenze”, disse Kennedy.
Nello stesso modo, Obama ha presentato l’accordo con l’Iran non come il miglior accordo possibile, ma comunque come un primo, importante passo per bloccare la corsa di Teheran verso il nucleare. Chi dice che avremmo dovuto andare avanti con le sanzioni, ha spiegato Obama, “o è totalmente ignorante della società iraniana o non è sincero con il popolo americano”. Le sanzioni, sanzioni ancora più dure, decise, non avrebbero dunque fiaccato la resistenza iraniana. Meglio, ha detto Obama, molto meglio “smantellare buona parte del programma nucleare iraniano in cambio del sollievo dalle sanzioni economiche”.
“Un Iran armato con il nucleare è più pericoloso di un Iran che beneficia della cancellazione delle sanzioni”, ha aggiunto il presidente, lasciando intendere che la sua scelta, per quanto parziale e problematica, è comunque al momento la migliore possibile. E’ venuto, quindi, l’attacco a chi oggi è il principale avversario dell’intesa raggiunta a Ginevra: Benjamin Netanyahu e il governo israeliano. Obama ha detto di comprendere la freddezza israeliana. “Nessuno può biasimare Israele per avere un profondo scetticismo nei confronti di qualsiasi accordo che coinvolga l’Iran”, ha spiegato Obama, che ha anche detto di essere certo della “sincerità” del premier Netanyahu. In un chiaro tentativo di isolare il governo di Gerusalemme, Obama ha però precisato che “Israele è l’unico Paese al mondo che si oppone all’accordo”, e che Netanyahu, in questa situazione, “ha sicuramente torto”.
E’ a questo punto che il presidente ha fatto balenare la possibilità di una nuova guerra. “Non c’è alternativa a una diplomazia forte, di principio”, ha detto. O meglio, se un’alternativa c’è, questa è la guerra. “Una guerra che forse non scoppierà domani, forse non scoppierà tra tre mesi, ma che comunque scoppierà molto presto”. Per rendere il fantasma della guerra più reale, e concreto, per gli americani, Obama ha fatto esplicitamente capire che una guerra in Medio Oriente coinvolgerà per forza anche i soldati americani. Proprio come avvenuto in Iraq. “Molti di quelli che si oppongono ora al patto con l’Iran sono gli stessi che spinsero per la guerra in Iraq”, ha detto Obama, che ha anche ricordato: “Se abbiamo imparato qualcosa, è che le guerre non sono prive di dolore. L’unica cosa certa in una guerra è la sofferenza umana”.
Nel discorso all’American University, il presidente Usa ha voluto esplicitamente definire il dibattito sull’intesa con l’Iran come la scelta più importante in politica estera degli Stati Uniti, almeno a partire dal voto sull’autorizzazione alla guerra del 2003. “Resistete ai tamburi di guerra – ha chiesto Obama agli americani – pensate meno a essere forti e più a essere nel giusto”. I toni ultimativi, il continuo riferimento all’orrore della guerra, si spiegano d’altra parte con l’importanza per la Casa Bianca della posta in gioco.
Senatori e deputati americani devono dichiararsi sull’intesa con Teheran entro il 17 settembre. Gran parte dei repubblicani hanno già espresso la loro opposizione, così come ha fatto Benjamin Netanyahu, aiutato negli Stati Uniti dalla potente lobby pro-Israele, l’AIPAC, che sta comprando spazi pubblicitari e cercando di agire sui membri del Congresso più incerti. Per Obama, che già nel 2003 si dichiarò contro l’autorizzazione alla guerra in Iraq, l’accordo con l’Iran è invece l’atto in politica estera più importante, e probabilmente ricco di conseguenze, di tutta la sua presidenza.
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Accordo nucleare Iran, Obama: “No del congresso apre porte alla guerra in M.O.”
Il presidente Usa ha scelto l’American University di Washington per lanciare un appello a ratificare l’accordo sul nucleare raggiunto il 14 luglio a Ginevra. La scelta non è casuale: in quell'ateneo, 52 anni fa, John Fitzgerald Kennedy parlò della necessità di usare gli strumenti della diplomazia per evitare lo scoppio di un conflitto nucleare. Il capo della Casa Bianca deve fare i conti con l'ostruzionismo annunciato dal Partito Repubblicano sull'approvazione del trattato, attesa entro il 17 settembre. Intanto l’AIPAC, potente lobby pro-Israele, sta comprando spazi pubblicitari e cercando di agire sui parlamentari più incerti
“La scelta che abbiamo davanti è quella tra la diplomazia e una certa forma di guerra”. Non usa mezzi termini, Barack Obama, all’American University di Washington. Per cercare di convincere l’opinione pubblica americana, e il Congresso repubblicano, della necessità di sostenere l’intesa sul nucleare iraniano, il presidente americano fa balenare lo spettro di una nuova guerra in Medio Oriente. E, con altrettanta decisione, attacca il principale avversario di quell’intesa: “Ogni Paese al mondo, eccetto Israele, sostiene l’accordo con l’Iran”, spiega Obama.
Il presidente Usa ha scelto l’American University per lanciare il più forte e convinto appello a ratificare l’accordo sul nucleare raggiunto il 14 luglio a Ginevra. La scelta non è casuale. Proprio all’American University, 52 anni fa, John Fitzgerald Kennedy parlò della necessità di usare gli strumenti della diplomazia, per evitare lo scoppio di una guerra nucleare. “Non concentriamoci soltanto sulle nostre differenze, ma pensiamo anche ai nostri interessi comuni e a come superare le differenze”, disse Kennedy.
Nello stesso modo, Obama ha presentato l’accordo con l’Iran non come il miglior accordo possibile, ma comunque come un primo, importante passo per bloccare la corsa di Teheran verso il nucleare. Chi dice che avremmo dovuto andare avanti con le sanzioni, ha spiegato Obama, “o è totalmente ignorante della società iraniana o non è sincero con il popolo americano”. Le sanzioni, sanzioni ancora più dure, decise, non avrebbero dunque fiaccato la resistenza iraniana. Meglio, ha detto Obama, molto meglio “smantellare buona parte del programma nucleare iraniano in cambio del sollievo dalle sanzioni economiche”.
“Un Iran armato con il nucleare è più pericoloso di un Iran che beneficia della cancellazione delle sanzioni”, ha aggiunto il presidente, lasciando intendere che la sua scelta, per quanto parziale e problematica, è comunque al momento la migliore possibile. E’ venuto, quindi, l’attacco a chi oggi è il principale avversario dell’intesa raggiunta a Ginevra: Benjamin Netanyahu e il governo israeliano. Obama ha detto di comprendere la freddezza israeliana. “Nessuno può biasimare Israele per avere un profondo scetticismo nei confronti di qualsiasi accordo che coinvolga l’Iran”, ha spiegato Obama, che ha anche detto di essere certo della “sincerità” del premier Netanyahu. In un chiaro tentativo di isolare il governo di Gerusalemme, Obama ha però precisato che “Israele è l’unico Paese al mondo che si oppone all’accordo”, e che Netanyahu, in questa situazione, “ha sicuramente torto”.
E’ a questo punto che il presidente ha fatto balenare la possibilità di una nuova guerra. “Non c’è alternativa a una diplomazia forte, di principio”, ha detto. O meglio, se un’alternativa c’è, questa è la guerra. “Una guerra che forse non scoppierà domani, forse non scoppierà tra tre mesi, ma che comunque scoppierà molto presto”. Per rendere il fantasma della guerra più reale, e concreto, per gli americani, Obama ha fatto esplicitamente capire che una guerra in Medio Oriente coinvolgerà per forza anche i soldati americani. Proprio come avvenuto in Iraq. “Molti di quelli che si oppongono ora al patto con l’Iran sono gli stessi che spinsero per la guerra in Iraq”, ha detto Obama, che ha anche ricordato: “Se abbiamo imparato qualcosa, è che le guerre non sono prive di dolore. L’unica cosa certa in una guerra è la sofferenza umana”.
Nel discorso all’American University, il presidente Usa ha voluto esplicitamente definire il dibattito sull’intesa con l’Iran come la scelta più importante in politica estera degli Stati Uniti, almeno a partire dal voto sull’autorizzazione alla guerra del 2003. “Resistete ai tamburi di guerra – ha chiesto Obama agli americani – pensate meno a essere forti e più a essere nel giusto”. I toni ultimativi, il continuo riferimento all’orrore della guerra, si spiegano d’altra parte con l’importanza per la Casa Bianca della posta in gioco.
Senatori e deputati americani devono dichiararsi sull’intesa con Teheran entro il 17 settembre. Gran parte dei repubblicani hanno già espresso la loro opposizione, così come ha fatto Benjamin Netanyahu, aiutato negli Stati Uniti dalla potente lobby pro-Israele, l’AIPAC, che sta comprando spazi pubblicitari e cercando di agire sui membri del Congresso più incerti. Per Obama, che già nel 2003 si dichiarò contro l’autorizzazione alla guerra in Iraq, l’accordo con l’Iran è invece l’atto in politica estera più importante, e probabilmente ricco di conseguenze, di tutta la sua presidenza.
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".