Crisi, corruzione, debito, disoccupazione. Quando si parla di Paesi come Italia, Grecia e Spagna – e in generale dei Paesi del Sud Europa – sono queste le prime parole a cui si pensa. Ma, ovviamente, la realtà non è (solo) questa. Quando ci riferiamo ai Paesi mediterranei, parliamo di sole, vento, mare, turismo, i veri elementi che li accomunano e contraddistinguono.
Su questi aspetti – spesso sottovalutati, ma fondamentali per le rispettive economie e per la vita quotidiana dei cittadini – Greenpeace ha deciso di costruire la sua nuova campagna: “Solarnia, Solar Paradise”. Per un Mediterraneo che abbandoni la dannosa e improduttiva “via del petrolio” – inseguita senza lungimiranza da alcuni (vedi Renzi) – e persegua invece l’obiettivo di diventare 100 per cento rinnovabile.
È infatti paradossale che proprio Paesi che basano gran parte della propria economia sul turismo, in cui intere regioni hanno sole, mare e vento come fattori di attrazione, ignorino la potenzialità di queste fonti di energia. Inaccettabile poi che, con l’attuale situazione economica, i governi dei vari Paesi stiano per l’appunto ancora pensando di puntare su petrolio e carbone. Fonti inquinanti, pericolose e costose.
Un esempio? In Grecia, il premier Tsipras ha dato il via libera alla costruzione di una nuova centrale a olio combustibile. Ossia petrolio. Solo questo impianto sta già costando ai greci 180 milioni di euro, che vanno a sommarsi ai circa 800 milioni di euro l’anno di sussidi per la produzione da petrolio sulle isole che la Grecia già spende. Tutti soldi che contribuiscono ad alimentare il debito ellenico, come denunciato da uno striscione di 600 metri quadrati che alcuni nostri attivisti hanno aperto proprio di fronte alla centrale in questione qualche giorno fa. La ciliegina sulla torta? La centrale è in costruzione sull’isola di Rodi, nota nel mondo antico come “l’isola del dio sole”.
Ma se la Grecia sta compiendo scelte energetiche insensate, l’Italia non è da meno. Anzi. Nonostante la montante opposizione di cittadini, comuni e regioni, il governo Renzi procede spedito con i suoi piani di trivellazione dei mari italiani in cerca di poche gocce di petrolio e gas, mettendo in pericolo settori davvero fondamentali come turismo e pesca sostenibile.
E, del resto, nemmeno da noi mancano paradossi energetici. Prendiamo per esempio le isole minori italiane: 20 paradisi turistici come Lampedusa, Ponza, Tremiti, Giglio che producono la quasi totalità della propria energia con generatori a petrolio inquinanti e costosi. La produzione di energia su queste isole costa a tutti gli italiani oltre 60 milioni di euro l’anno in bolletta, soldi che potrebbero essere risparmiati e utilizzati invece per fare di queste isole un paradiso 100 per cento rinnovabile. Svolta, tra l’altro, già intrapresa da diverse altre realtà in giro per il mondo. Come el Hierro, nelle Canarie, già oggi 100 per cento rinnovabile, o le Hawaii, che avranno elettricità completamente rinnovabile nel giro di 20-30 anni.
Per questo Greenpeace ha immaginato Solarnia, un’isola cento per cento rinnovabile. Tutt’altro che un’utopia, bensì un obiettivo per tutte le nostre isole, perché proprio questi meravigliosi luoghi possono essere il punto di partenza ideale per la rivoluzione energetica.
E proprio come si legge sullo striscione aperto lo scorso 25 luglio da volontari di Greenpeace in Puglia (una delle regioni maggiormente minacciate dalle trivellazioni), il sole e il vento sono tutto quello di cui abbiamo bisogno per la rivoluzione energetica. Ovvero un passo in avanti vitale non solo per l’ambiente, ma anche per economia e occupazione. Durante questa manifestazione dei nostri volontari, tutti i presenti sulla spiaggia hanno risposto all’apertura dello striscione con un caloroso applauso. L’ennesimo chiaro segnale che le trivelle non le vuole nessuno. E che il futuro è rinnovabile. Al 100 per cento.