Il dubbio che da tempo in molti coltivavano: sciolto. Il ministro Dario Franceschini crede davvero che l’intervento sull’area del Colosseo sia una priorità. Anzi, come si legge sul sito del Mibact, che si tratti di “un intervento di tutela e valorizzazione volto al ripristino dell’Arena del Colosseo al fine di consentirne un uso sostenibile per manifestazioni di altissimo livello culturale, permettendo nel contempo ad una domanda mondiale di fruire di una nuova esperienza di visita di straordinario valore”. A certificarlo i 18,5 milioni di euro proposti nel “Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali”, previsto dalla legge Art Bonus ed approvati dal Consiglio superiore dei Beni culturali.
All’unanimità. Insomma un plebiscito per l’Anfiteatro Flavio, già campione d’incassi e nella top ten dei siti italiani più visitati. Un monumento simbolo, presenza imprescindibile nel pacchetto di proposte offerte dai tour operator di ogni latitudine. Così è indubbio che i nuovi apprestamenti assicurati dal nuovo finanziamento regaleranno al Colosseo ulteriore appeal. Ne accresceranno le occasioni di fruizione. Presumibilmente facendo impennare ancora i numeri del monumento.
Non diversamente da quanto accadrà anche per la Galleria degli Uffizi, alla quale andranno 18 milioni di euro per “per completare il progetto dei “Grandi Uffizi”, che incrementa gli spazi espositivi del Museo più visitato d’Italia”. Circostanza della quale, evidentemente, non si può che essere soddisfatti. Ma il punto non è questo. La questione è capire perché si sia scelto di investire ancora su luoghi di successo. Certo, non solo sul Colosseo e gli Uffizi, dal momento che tra i “Poli di attrazione” compaiono anche la Certosa di Pavia, l’Arsenale Pontificio di Roma, il Ponte degli Alpini di Bassano del Grappa e il Museo archeologico dei Giganti di Mont’e Prama. Mentre nel “Completamento dei Musei di rilevante interesse nazionale” ci sono il Polo Reale di Torino, il Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoa di Ferrara, il Museo delle Navi di Pisa, Museo di arte contemporanea di Palazzo Ardinghelli all’Aquila, il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e la villa romana di Spello. Ma è indubbio che il grande sforzo si sia deciso di esercitarlo proprio su due luoghi della cultura già in gran parte identificativi delle città nelle quali si trovano. Per questo capire, non sarebbe inutile. “Gli Uffizi sono una macchina da soldi, se li facciamo gestire nel modo giusto”, ha dichiarato Matteo Renzi il 29 novembre 2012. “Ricostruire l’arena del Colosseo … è un modo per tutelare il monumento, per renderlo più accessibile e più comprensibile ai visitatori” ha affermato Dario Franceschini il 17 aprile 2015, nel corso di un intervento al XIX Convegno del Fai.
Eccola dunque la spiegazione. I soldi! Bisogna che i profitti crescano. E’ necessario che quegli opifici che producono risorse, le incrementino. Certo l’operazione è variamente supportata. Nel caso del Colosseo la comprensione del visitatore sarà agevolata dal nuovo dal ripristino del piano calpestabile, mentre nel caso degli Uffizi gli spazi di esposizione aumenteranno. Ma questi sono particolari. Quel che conta è che le file agli ingressi si faranno più lunghe. Così l’investimento si fa meno azzardato. Le certezze innumerevolmente maggiori rispetto ai rischi. Ad essere messa in dubbio non è la legittima aspirazione a “far crescere” alcuni luoghi della cultura, ma piuttosto la decisione di farne una sorta di bancomat. Si può fare valorizzazione, mirando alla tutela, senza farne soltanto delle slot machine.
Il Colosseo e gli Uffizi non possono essere omologate alle attrazioni di un qualunque parco acquatico d’Europa, il cui unico successo è dato dal numero degli ingressi. Non si tratta di snobistico e assolutamente fuori luogo elitarismo, ma della preoccupazione per un metodo che rischia di non creare nuovi poli d’interesse. Di più. Di non rispondere alle richieste di tutela e valorizzazione per siti di valore, ma costretti a sopravvivere anche dalla mancanza di risorse. Obiettare che quei soldi, di certo quelli per il Colosseo, avrebbero potuto essere utilizzati altrove, temo, sia inutile. Nonostante il sistema del patrimonio storico-archeologico trabocchi di criticità irrisolte. Di casi nei quali gli interventi si procrastinano senza speranza. Di casi per i quali i 18 milioni stanziati per il Colosseo avrebbero costituito la soluzione, forse definitiva. Conoscerli quei siti archeologici, quegli edifici disseminati ovunque, non è impresa disperata.
E’ probabile che ogni Soprintendenza archeologica, così come quella architettonica, ne abbia una lista, almeno approssimativa. Altrimenti si possono agevolmente consultare le classifiche de i Luoghi del cuore che il Fai stila con puntualità. Situazioni di diversa tipologia e di gravità variabile che è necessario padroneggiare. Per poter scegliere a ragion veduta. Con consapevolezza “cosa” e “come” fare. Avendo in mente priorità reali. Il dubbio che nel metodo prescelto dal Ministro Franceschini per indirizzare le politiche culturali del Paese la conoscenza capillare sia una questione marginale, rimane.