C’è un’alga tossica a turbare residenti e turisti di alcune zone delle coste pugliesi. È un microrganismo invisibile a occhio nudo che, secondo i dati di Arpa Puglia raccolti negli ultimi quindici giorni di luglio, cresce oltre le soglie di allarme in sei punti dell’Adriatico e dello Ionio. Si chiama Ostreopsis ovata, vive solitamente su alghe più grandi e sui fondali rocciosi, in acque calme e calde e produce una tossina che, se inalata, può provocare malesseri transitori nei bagnanti. Riniti, laringiti, bronchiti, congiuntivi e febbre, soprattutto dopo mareggiate che – scrive l’Agenzia regionale per l’ambiente – “favoriscono la formazioni di aerosol marino, che può diffondere la tossina nell’aria”.

E in effetti sono state numerose negli ultimi giorni le segnalazioni di malori di questo tipo alle guardie mediche e ai medici di base delle province di Bari e Lecce. Le tabelle dell’Arpa, del resto, parlano chiaro. In sei punti della regione – su venti monitorati – le concentrazioni risultano molto abbondanti, con picchi di tre milioni di cellule di alga al litro nelle acque di porto Badisco, in provincia di Lecce, e di quasi due milioni a Forcatella, lungo la costa brindisina. Ma superano la soglia di allarme anche Punta Macolone (Ugento, Lecce), i fondali di lido Lucciola e nei pressi dell’hotel Riva del Sole nel barese, oltre allo specchio d’acqua di fronte al faro di Torre Canne in provincia di Brindisi. Concentrazioni abbondanti (livello arancione) anche ad Apani-lido San Vincenzo nel brindisino e a lido Trullo (Bari).

La microalga, spiega Arpa Puglia, è una specie tipica dei mari tropicali diffusasi probabilmente nel Mediterraneo in maniera accidentale “per mezzo delle acque di zavorra delle navi” ed è arrivata lungo le coste pugliesi a partire dai primi anni del 2000. La popolazione tende a svilupparsi abbondantemente durante i mesi estivi, grazie a fattori ambientali favorevoli come le alte temperature, l’irraggiamento e il mare calmo per periodi superiori ai dieci giorni. Oltre che potenzialmente dannosa per l’uomo, la Ostreopsis ovata provoca sofferenze a stelle di mare, ricci, granchi e molluschi. L’ultima moria riconducibile a questo microrganismo marino risale all’ottobre 2008 quando la Capitaneria di porto di Molfetta allertò i pescatori perché l’alga si attacca con facilità alle reti da pesca e in alcuni comuni pugliesi venne vietata la vendita di ricci di mare, che “a causa della loro eco-biologia (brucano sulle alghe) potrebbero potenzialmente accumulare la tossina”.

L’Arpa è quindi tornata anche quest’estate ad allertare le Asl e i comuni interessati dalle alte concentrazioni “per eventuali misure da adottare” poiché, nell’ultimo aggiornamento delle linee guida stabilite dall’Istituto superiore di sanità, “la fase di emergenza è prevista a partite da densità superiori a 30.000 cellule/litro”. Valori che durante l’ultimo monitoraggio su fondali e in colonna (l’acqua in sospensione) sono stati abbondantemente superati, fino a raggiungere valori cento volte superiori, in sei punti di campionamento. “E’ sui fondali e sulle coste rocciose che questa microalga si concentra – spiega Nicola Ungaro, l’esperto dell’Arpa che si occupa dei rilevamenti – Essendo un fenomeno di natura esplosiva, non è escluso che nel prossimo campionamento l’alga si rintracci anche in altre località”. È bene però chiarire un aspetto importante, vista la stagione turistica in corso: “Non è al contatto con la pelle che si scatenano i sintomi causati dalla sua tossina. I problemi, infatti, non sorgono facendo il bagno, ma quando, in presenza di mare mosso, la tossina viene nebulizzata nell’aria e quindi inalata – rassicura – Tuttavia, i sintomi parainfluenzali passano nell’arco di uno, due giorni”.

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