Il collaboratore di giustizia Mattia Pulicanò, un pusher legato alla cosca Lanzino-Rua, ha parlato ai pm di veleni e scorie interrati a Lattarico. E potrebbe fornire elementi importanti sul business in città di 'ndrangheta e camorra
Rifiuti tossici e scorie radioattive interrati a Lattarico. Si rischia una nuova “Terra dei fuochi“ in Calabria, a pochi chilometri da Cosenza. A parlarne è il pentito Mattia Pulicanò, 28 anni, un pusher legato alla cosca Lanzino–Rua che adesso potrebbe fornire elementi importanti sul business della ‘ndrangheta di Cosenza e della camorra. Pulicanò era il fidanzato di un imprenditore legato alla famiglia mafiosa e per questo è a conoscenza degli affari illeciti legati ai rifiuti pericolosi.
Al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni e al capitano Michele Borrelli il collaboratore di giustizia ha raccontato di quelle scorie radioattive nascoste nel sottosuolo della provincia di Cosenza in cambio degli appalti dell’Enel e dell’Anas che l’avvocato napoletano Cipriano Chianese, di 62 anni, avrebbe fatto avere a suo ex suocero Marcello Aloise, “un nostro imprenditore – lo descrive il pentito – il quale, pur se non formalmente affiliato, era considerato a pieno un sodale ben conoscitore delle nostre dinamiche delinquenziali. Era la “faccia” imprenditoriale della cosca e, conseguentemente, la “cassaforte” della stessa con una capacità finanziaria in eventuali momenti di crisi”.
Il collaboratore di giustizia descrive l’imprenditore cosentino come un “un uomo che vanta amicizie nella Guardia di finanza e nella politica e il figlio Natalino è massone, dal 2009″. Chianese, invece, è “l’inventore del sistema rifiuti”, uno di quelli che la Dda di Napoli considera vicino ai casalesi e tra i principali responsabili dei veleni in Campania. Nel 1994 si è anche candidato al Parlamento nella lista di Forza Italia.
Stando al verbale firmato da Pulicanò il 27 giugno 2014, i veleni sarebbero interrati nella frazione Regina di Lattarico. “L’Aloise – ha riferito il pentito al pm Bruni – mi confidò che aveva provveduto, circa 15-20 anni fa, ad interrare lì rifiuti tossici, non so di che tipo, che aveva ricevuto, quale contropartita agli appalti che gli aveva fatto prendere l’avvocato Chianese. Non mi indicava il sito, limitandosi a dire che stavano a Regina. In effetti, devo dire che ho verificato che nella zona in questione si sono registrati, negli anni, diversi casi di tumore. Un altro soggetto che, l’Aloise mi citava spesso, poiché operante nel settore dei rifiuti tossici, era un altro imprenditore veneto, tale Fabrizio Cappelletto, che aveva occultato rifiuti tossici nelle colate di cemento”.
Cosenza come Napoli. Ascoltando il racconto del pentito si ha la sensazione che la ‘ndrangheta, come la camorra, abbia svenduto la Calabria per il business dei veleni. Pulicanò ha aggiunto che il suo ex suocero “ci aveva fatto soldi a palate, poiché il settore è molto redditizio”.
Nel 2012 sarebbe stato lo stesso Aloise a proporre al pentito di ripetere l’operazione: “Ero appena uscito dal carcere – ricorda il collaboratore – e lui mi ha proposto il trattamento, da parte della mia cosca, di rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia. A riguardo, mi precisava di aver già assunto contatti con un veneto che trattava le spedizioni per conto di un gruppo di Modena che spediva rifiuti tossici in Africa. L’oggetto dell’affare era quello di far arrivare rifiuti nella zona di Lattarico dove dovevano essere occultati”.
Il pentito parla e i carabinieri annotano: “L’Aloise voleva acquistare terreni agricoli, nelle zone di Regina e Contessa, in agro Lattarico, in cui interrare i rifiuti tossici occultando il tutto con la realizzazione di capanni agricoli e impianti fotovoltaici. L’intento di farlo nel comune di Lattarico era dovuto al fatto che, così, si poteva meglio occultare l’affare losco in considerazione del fatto che l’Aloise è un imprenditore, originario di Lattarico, dove vive e dove espleta numerosi lavori per conto del Comune e, pertanto, il tutto avrebbe dato meno nell’occhio”.
Quell’affare non si fece perché il gruppo di Modena aveva intenzione di trasferire “semplici” ingombranti e non rifiuti tossici: “Scocche di autovetture, pneumatici, batterie auto e altro. Uno stock di 20-25 container al mese difficilmente occultabili a differenza di scarti industriali, fanghi e scorie radioattive, ovviamente più remunerativi e semplici da gestire”.
Rifiuti che, però, da 15-20 anni sarebbero interratti in provincia di Cosenza.