salerno-reggiocalabria

A leggere le dichiarazioni rilasciate sul Sud Italia dal Ministro per lo sviluppo economico (ed alla parola “sviluppo” già mi vengono i capelli dritti), Federica Guidi, c’è da trasecolare. Cosa servirebbe per far cambiare registro al Sud secondo il ministro? “Un piano da almeno 70, 80 miliardi di euro sulle nuove infrastrutture. Una cifra poderosa, il fulcro di un modello di rilancio. I grandi investimenti che muovono Pil e posti di lavoro sono la condizione per creare quel substrato che serve oggi in qualunque economia moderna evoluta“.
Premesso che i dati circolati in questi giorni sul Sud sono dello Svimez, che è un ente privato “per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno”, il quale punta a tal fine sul “sostenere grandi opere, infrastrutturali e non solo”, torniamo alla parole del ministro Guidi, che a questo punto sembra il portavoce dell’ente, piuttosto che un amministratore.

E qui siamo alle solite. La soluzione per risolvere una crisi economica è puntare sul cemento, sull’asfalto, sul tondino, come se l’Italia fosse ancora quella del dopoguerra. Cemento, asfalto, tondino. Ossia creare occasioni di lavoro per i soliti noti, dalle cooperative rosse ai gruppi legati alle grandi opere. Eppure ci sono enne esempi in giro per l’Italia che dimostrano che non sono (solo) le infrastrutture a creare ricchezza. Ve ne propongo uno.

Al nord c’è una città ricca che non ha mai avuto infrastrutture. Cuneo. Ha un micro-aeroporto (Levaldigi), non ha mai avuto un’autostrada (ed anche oggi la Asti-Cuneo non è completata), ha una linea ferroviaria secondaria passeggeri (la Fossano-Cuneo-Ventimiglia). Ma è solo un esempio.
Dire che servono infrastrutture per creare ricchezza significa mentire sapendo di mentire. Le grandi opere non creano ricchezza, creano solo o quasi solo posti di lavoro durante la loro realizzazione; distruggono il territorio (che costituisce la base della risorsa turistica); aumentano la corruzione; attraggono notoriamente, con i loro enormi flussi di denaro, gli interessi della malavita, che si chiami mafia o camorra o ‘ndrangheta poco importa.

Il ministro Guidi conosce la storia infinita della Salerno – Reggio Calabria, che fu ideata (anno 1964) quando lei doveva ancora nascere (anno 1969) e non è ancora completata oggi? Oppure quella meno nota ma altrettanto esemplare di Gioia Tauro? Lo sa che un governo democristiano (quindi equivalente al suo governo Renzi) a Gioia Tauro voleva realizzare un polo siderurgico? Lo sa che la piana di Gioia Tauro era una delle plaghe più fertili del Sud, coltivata ad agrumi ed uliveti? Lo sa che il piano di industrializzazione fallì, ma dato che oramai avevano desertificato l’area decisero di farci un porto? Lo sa che il porto è sempre stato in mano alla malavita e di lì transita un immenso traffico di cocaina?
Ma Guidi parla anche di rafforzamento dei poli industriali, quasi che l’industrializzazione forzata del Sud sia stato un successo. Ed infatti l’Ilva di Taranto, o l’ex Italsider di Bagnoli, od il polo mai nato di Gioia Tauro, o Termini Imerese sono lì a dimostrare cotanto successo.

Io non sono un economista, e non sono neanche Saviano che polemizza con Renzi, ma mi sento nel mio piccolo, spudoratamente, di suggerire qualche soluzione per il Sud, che crei lavoro e ripristini o salvaguardi il territorio.
Premesso che il Sud deve puntare sulle sue ricchezze naturali, e quindi essenzialmente su turismo, agricoltura e pastorizia, artigianato, cultura, propongo un programma in più punti, che dovrebbe essere attuato dallo Stato, per quanto di competenza, ovvero dalle amministrazioni locali o dalle imprese gestori di servizi, per creare posti di lavoro e preservare ambiente e territorio (in coerenza con l’art. 9 della Costituzione), e nello stesso tempo disincentivare la malavita:
1) censimento di tutti gli immobili abusivi esistenti sul territorio e loro abbattimento, seguendo le procedure amministrative ordinarie. I Comuni che non si adeguano vengano commissariati;
2) conseguente risanamento del territorio e smaltimento delle macerie;
3) completamento delle opere pubbliche incompiute ed abbattimento delle opere inutili;
4) bonifica dei luoghi contaminati, civili ed industriali;
5) piano straordinario di trasporti pubblici per il sud che veda in primo piano la realizzazione di ferrovie non ad alta velocità, ma al servizio del territorio;
6) realizzazione di depuratori ed allacciamenti alla rete fognaria dove non ancora esistenti;
7) risanamento della rete idrica;
8) attuazione della raccolta differenziata, anche e soprattutto con il porta a porta, con sgravi sull’imposta per chi la attua;
9) piano straordinario di copertura dei tetti con pannelli solari, da rendere obbligatori per le nuove costruzioni, come già si fa in Francia.
Di sicuro la prima ricetta della cura è la più odiosa. Se si abbattono le case ci sarà una rivoluzione. Bene. Abbiamo uno Stato forte con i deboli, e che quando si tratta di distruggere l’ambiente fa intervenire l’esercito: TAV insegna. Lo faccia per ripristinare la legge e risanare il territorio. Si dirà che è una misura impopolare, che fa perdere voti. Ma chi governa vuole fare il bene dell’Italia oppure occupare un cadreghino? A domanda banale, risposta ovvia: sì. Conseguente altra domanda: quando ci libereremo di questa classe politica di cialtroni?

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