Ma cosa vuole fare John Elkann? C’è un livello pavloviano del dibattito, appena Elkann e le società degli Agnelli fanno qualche mossa, subito ci sono quelli che dicono: “Ecco, stanno per lasciare l’Italia”. Affermazione che non ha più senso: la Fiat non si chiama più Fiat ma Fca, dopo la fusione con Chrysler, la Ferrari si quoterà a Wall Street e dopo la mossa di lunedì ha conquistato il gruppo di ri-assicurazioni Partner Re con un’offerta da 6,9 miliardi di dollari.
“L’acquisizione rappresenta un nuovo livello delle ambizioni di mister Elkann per continuare a trasformare Exor in un conglomerato globale”, ha scritto il New York Times, presentando l’ex giovane “Jaki” come una versione meno scenografica e più efficace del nonno, Gianni Agnelli. A leggere l’annuario R&S Mediobanca diffuso ieri, si nota come Exor – la holding guidata da Elkann a monte di Fca, quella che custodisce le partecipazioni – è una delle imprese italiane (di nome) più in forma: quinta per aumento di fatturato nel 2014, +7,8 per cento, quarta per risultato netto cumulato tra 2010 e 2014, 3,3 miliardi di euro.
Il dato che però chiarisce tutto è un altro: il 92,5 per cento dei ricavi di Exor – considerando quindi quelli che derivano da Fca – è generato all’estero. Stabilire il grado di “italianità” di Exor è un esercizio molto sofisticato e inutile. È un gruppo internazionale. Ci sono due interpretazioni dell’affare Partner Re: Elkann e Exor volevano puntare su un business anticiclico, cioè che non oscilla con le variazioni del Pil come quello dell’auto.
Le ri-assicurazioni (assicurazioni di assicurazioni) rispondono al requisito. Seconda interpretazione, più ardita: Partner Re è un costoso biglietto da visita per accreditarsi come player globale e conquistare poi la General Motors. Così Sergio Marchionne, che dieci anni fa esordì da ad Fiat rompendo il matrimonio con Gm, potrebbe chiudere con una nuova unione a rapporti di forza invertiti. Vedremo.
Unica certezza: non sono più vicende italiane. Per questo Elkann vuole investire sull’Economist . Molto più strategico che La Stampa o il Corriere della Sera.
Il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2015