Una scrittura asciutta e veloce ci accompagna in un universo parallelo: identità, riscatto, riti scaramantici, ricordi indimenticabili, lunghissime trasferte, sofferenze e gioie infinite. Il calcio è tutto questo e molto altro. Ma in realtà il pallone è soltanto un pretesto per raccontare la condizione esistenziale del tifoso. E facendo questo l’autore narra le tante città di Napoli, attraverso l’unico aspetto capace di tenere insieme un povero e un ricco, un colto e un ignorante, un comunista e un fascista. La storia del libro si svolge nel minuscolo bar di Peppe, che attira a sé, con l’aroma del caffè e la fragranza delle sfogliatelle, la più svariata umanità. È lì che il tifoso si ritrova puntualmente per chiacchierare, sfogarsi e litigare. E in uno dei due tavolini del bar c’è seduto il professore, acuto osservatore, che a un passo dalla pensione si è preso l’onere di scrivere un libro che potesse arrivare a tutti. E cosa c’è di più trasversale e interclassista del calcio?
Nell’arco di una settimana si ricordano i momenti più importanti del Napoli di Sivori e Altafini, le gesta dell’innominabile numero dieci del Napoli, capitano eterno della squadra azzurra, D10S, sino ad arrivare alle prodezze di Lavezzi, Hamsik e del Matador. Momenti che si insertano con amori ritrovati e antiche amicizie. Trecento pagine irresistibili per ritrovarsi, commuoversi e ridere. Un libro “Umano troppo umano” e per questo riservato agli spiriti liberi, perché come sottolinea lo scrittore: “Mai scriverò niente di così serio”.