Senza di loro la droga non si vende. Puoi scatenare una faida, una guerra di camorra, conquistare il territorio ma se non arruoli i “gestori delle piazze di spaccio” e il loro “staff”, aver conquistato la leadership è inutile. Chi comanda davvero miezz’a via sono i manager dello smercio. Quelli bravi servono al clan, al gruppo o al cartello criminale.
Non importa se erano organici alla paranza malavitosa appena sconfitta. Loro sono professionisti al servizio di chi è titolato a distribuire le partite di stupefacente. Rappresentano i veri portatori di ricchezza, quelli che incassano i soldi, quelli che moltiplicano i guadagni, quelli che garantiscono i proventi e provvedono a distribuire gli utili. Attorno a loro ci sono poi i fedelissimi con vari ruoli: c’è chi effettua l’approvvigionamento, c’è il chimico che provvede a mischiare e preparare la sostanza, c’è chi è incaricato nel confezionare le dosi.
Il prezzo è fissato sullo “sfuoglio” ovvero sulla purezza, desunta dalla compattezza naturale della “pietra di cocaina” a differenza, invece, di quella sempre riconducibile alla cocaina ma artificiosamente ricreata attraverso una semplice “pressatura” detta “roba pressata”, cioè di scarsa qualità. Prima di immetere sul mercato in generale lo stupefacente ne viene testata la gradevolezza.
Operazione destinata ai “visitors”, tossici senza soldi e abituati a sniffare, fumare o iniettarsi di tutto di più. C’è poi chi s’incarica di distribuire la “merce” ai capi piazza, cioè i professionisti. Infatti preparato lo stupefacente per la successiva distribuzione ai gestori delle piazze di spaccio, bisogna affrontare le problematiche relative ai pagamenti – come soggetto “caricato dal sistema”, vale a dire stabilmente rifornito.
I conteggi generalmente si fanno il sabato. Il “capo piazza” di spessore, il denaro il più delle volte addirittura lo anticipa trasformandosi in una sorta di finanziaria del clan. I numeri sono numeri. La fascia di prezzo compresa tra 36 e 46 euro per grammo acquistato all’ingrosso da rivendere poi al gestore della “piazza” passa ad un prezzo di 50/55.
La catena dello smercio è lunga. Ci sono anche dei ruoli intermedi : attività di supporto finalizzate a rendere il collegamento base-sponda-pusher brevissimo. Il cliente non deve aspettare. In alcuni quartieri di Napoli è “normale” stare nella droga. E’ un lavoro in eredità: di generazione in generazione. Un operatore dei servizi sociali del carcere di Poggioreale mi spiega: “E’ capitato di avere in tre celle differenti il nonno, il figlio e il nipote. Tutti arrestati per reati legati agli stupefacenti”.
Durante le indagini sulla “paranza dei bambini” tra le tante conversazioni captate per ordine della Procura di Napoli ci sono dialoghi che descrivono quest’organizzazione. Emerge forte la figura di Ciro Monacella, detto Ciro Poco Poco, storico capo della “piazza di spaccio” di Largo Sant’Arcangelo a Baiano al rione Forcella. Addirittura molti collaboratori di giustizia, tra loro Gennaro Lauro, ne descrivono le sue indubbie qualità di riuscire a lavorare sempre e con i vari clan vincitori. “Si tratta di una persona che faceva l’eroina a Forcella per conto del clan Mazzarella. Ha una piazza di droga nei pressi di S.Arcangelo a Baiano. Quando c’erano i Giuliano era obbligato a comprare la droga e a rifornirsi dai Giuliano. Con l’ avvento dei Mazzarella, invece, queste persone avevano più autonomia nel senso che gestivano da soli il commercio della droga e davano una quota ai Mazzarella”. Quando è subentrata la “paranza dei bambini”, “Ciro Poco Poco” ha cominciato a “lavorare” naturalmente con i nuovi padroni. I “bamboccioni delle bande di camorra” si sono affidati a lui.
In un’intercettazione i giovani boss ragionano :…“mi senti a me? Ho detto o’ zì questo è un grammo? Domani piglia mezzo grammo di “mischio” e mettilo dentro e glielo mandiamo a “Poco Poco”; se “Poco Poco” dice che non è buono allora glielo mandiamo pulito; se “Poco Poco” dice è buono noi pigliamo 250 grammi di quello, ce li mettiamo noi dentro e ce ne mandiamo 350 e ci guadagniamo tutti. Rischiamo 250 grammi, non rischiamo mezzo chilo, capito?”.
E’ un mondo sommerso, segreto e occulto. Ma è la vera fibra del tessuto camorrista. La lotta andrebbe fatta colpendo principalmente questo sistema capillare e organizzato di smercio. A Forcella come in altri quartieri popolari di Napoli basterebbe aprire gli occhi e guardare. Giovani studenti con zaini sulle spalle come garzoni in scooter potrebbero essere potenziali rifornitori delle piazze di spaccio come le vecchiette con a seguito carrellini della spesa.
Osservare bene anche la presenza di taxi, il carico e scarico della merce destinata ai negozi oppure un anomalo transitare di ambulanze. E’ un vivere parallelo. E’ una mimetizzazione dentro i gesti e le azioni di ogni giorno. La casbah è la casbah. Tra quei vicoli dove apparentemente domina l’anarchia c’è un sistema organizzato, oleato, preciso.
Un esempio sono i bassi ed i palazzi detti a spuntatore come anche le cappelle votive, le statue di santi e madonne e gli ambulanti con funzione di messaggeri e vedette. A volte però i “capi piazza” all’insaputa dei fornitori di droga organizzano i “passaggi di mano” e il “sottobanco”. Due meccanismi che non solo consentono di lucrare o meglio guadagnare una sostanziosa cresta sulla vendita della droga ma a volte agevolano la nascita di un nuovo sottogruppo che aspira alla conquista della leadership. La lotta alla camorra è sistemica : occorre aprire gli occhi e guardarci dentro.