Il sommo poeta che gioca coi numeri (I):
l’aguglia che lasciò le penne al carro,
per che divenne mostro e poscia preda;
ch’io veggio certamente, e però il narro,
a darne tempo già stelle propinque,
secure d’ogn’intoppo e d’ogne sbarro,
nel quale un cinquecento diece e cinque,
messo di Dio, anciderà la fuia
con quel gigante che con lei delinque”.
È un brano tratto dal trentatreesimo canto del Purgatorio (vv. 37-45). “Non rimarrà per sempre (tutto tempo) senza erede l’aquila (aguglia) che ha lasciato le penne sul carro [della Chiesa], divenuto per questo mostro e quindi preda” [Purg. XXXII, 142 sgg.], scrive Dante, “perché io vedo chiaramente, e perciò lo racconto, stelle già vicine a consegnarci (darne) un tempo, incuranti (secure) di ogni intoppo e di ogni sbarramento (sbarro), nel quale un cinquecentoquindici, messaggero di Dio, ucciderà la meretrice (fuia) e quel gigante che con lei delinque”.
È ben nota l’ossessione di Dante per i numeri, strutturata in un sistema di stratificati e pregnanti valori simbolici. Questi valori, dalla Vita nova alla Commedia, si ramificano, s’infittiscono, si compenetrano d’una maggior forza d’insieme. Alcuni sono più palesi; altri, sottili o sottilissimi, muovono a una tripla lettura, orizzontale, verticale, incrociata. La Commedia si fa così, ripetutamente, da testo tramato in superficie, sottotesto e pretesto, intertesto e ipertesto; il primo grande ipertesto, anzi, della storia della letteratura occidentale, che duplica ma senza realmente occultare.
Torniamo al «cinquecento diece e cinque». Attribuendo ai tre numeri la lettera latina corrispondente (cinquecento = D; dieci = X; cinque = V) si ottiene la parola DXV. Intesa da alcuni come una sigla, per Domini Xristi Vicarius («vicario del signore Gesù Cristo»), Domini Xristi Vertagus («levriero del signore Gesù Cristo»), Dei Xristi Verbum, ecc., è stata riletta da molti come DVX, e cioè DUX; saremmo così tecnicamente di fronte a una ipsosefia, quel fenomeno che vede un valore numerico per l’appunto abbinato a due diverse sequenze di caratteri. Con un ragionamento analogo si potrebbe attribuire il valore numerico 1 e rileggerlo come I, come già fece Gabriele Rossetti, all’articolo indeterminativo che precede “cinquecento diece e cinque”, e poi disporre in un diverso ordine le cifre che compongono la sequenza risultante:1 (I) + 500 (D) + 10 (X) + e (E) + 5 (V) –> IDXEV –> IVDEX –> IUDEX.
Ma chi è il messaggero divino celato sotto il «cinquecento dieci e cinque»? Lo scopriremo alla prossima puntata.
di Massimo Arcangeli e Sandro Mariani