Alcune amiche mi hanno recentemente scritto sull’ennesimo Sms che le invita a vigilare sul ‘gender’ a scuola, non meglio precisata ideologia che vorrebbe obbligare – secondo chi ne sostiene l’esistenza – insegnanti e allievi/e a cambiar sesso, masturbarsi in aula e a visionare materiale pornografico. Basterebbe solo questo per capire che stiamo parlando del parto di una mente disturbata, ma la paura a volte è più forte della razionalità e qualcuno finisce col crederci. È necessario, quindi, fare chiarezza.
Da cosa nasce questo bisogno di educazione sessuale? Sempre leggendo il documento (pp. 9-10) si viene a sapere che ci sono stati vari mutamenti nei decenni passati quali globalizzazione, nuove migrazioni, boom dei nuovi media, diffusione di Hiv e Aids, incremento di abusi sessuali su bambini e adolescenti, ecc. “Tutti questi cambiamenti richiedono strategie efficaci che mettano i giovani in grado di gestire la propria sessualità in modo sicuro e appagante”.
Ma tutto questo viene bollato come ‘gender’ dai soliti gruppi di estremisti religiosi che dipingono, per altro, un quadro apocalittico per cui genitori e docenti saranno costretti a certe pratiche. Ma è vero? A p. 30 leggiamo: “L’educazione sessuale instaura una stretta collaborazione con i genitori e con la comunità al fine di costruire un ambiente circostante che sia di sostegno” mentre per quanto riguarda i/le docenti a p. 31 si dice espressamente “le autorità scolastiche non facciano pressioni su chi è riluttante a essere coinvolto nell’educazione sessuale”.
Negli Standard si enucleano quindi le fasi evolutive della psiche e della sessualità dell’individuo, dai primi anni di vita alla fine dell’adolescenza (pp. 22-26) e si passa ai principi su cui si fonda un’appropriata formazione: “L’educazione sessuale è adeguata per l’età rispetto al livello di sviluppo e alle possibilità di comprensione, è sensibile rispetto alla cultura, alla società e al genere. È rapportata alle realtà di vita di bambini o ragazzi”.
E sulle fantomatiche lezioni che sconvolgono ignari bambini fino a farli svenire in classe? “Un requisito importante per l’educazione sessuale è che gli allievi si sentano sempre al sicuro: la loro privacy e i loro confini personali vanno rispettati. Sebbene gli allievi vadano incoraggiati a essere aperti, non dovrebbero essere raccontate le esperienze personali perché in classe sono fuori luogo e potrebbero rendere vulnerabile chi si espone” (p. 29).
Si passa poi alle matrici, ovvero quel quadro complesso d’azione che distingue tra le informazioni da fornire e le competenze e gli atteggiamenti da sviluppare. I riferimenti alla ‘masturbazione precoce‘ rientrano solo tra le informazioni da fornire, qualora per altro ce ne fosse bisogno. Vale a dire: se un formatore si trova di fronte ad un caso simile, deve sapere come comportarsi. Cosa un attimo ben diversa da quanto descritto da chi parla di sesso in aula. Manca infine qualsiasi riferimento alla visione di materiale pornografico da fornire agli allievi.
Credo che certi allarmismi nascano da una profonda confusione tra educazione alla sessualità – ovvero “apprendere relativamente agli aspetti cognitivi, emotivi, sociali, relazionali e fisici della sessualità” (p. 20) – con la pratica sessuale. In altri termini: se mi spieghi come funziona l’energia atomica, non significa che poi andrò a bombardare qualche città giapponese con un ordigno nucleare. Nella testa di chi mette in giro certe falsità, invece, scatta questo tipo di meccanismo mentale che diffonde solo allarmismo. Voi lascereste l’educazione delle giovani generazioni a questo tipo di persone?