Il 70% di quello che viene prodotto dalle maggiori imprese italiane è ‘estero su estero‘. Cioè esce da fabbriche che sono fuori dai confini nazionali e non crea occupazione in Italia. Dove gli organici delle aziende medie e grandi, tra il 2008 e il 2014, sono diminuiti in media del 5,8%: -8,5% per le tute blu e -2% per i colletti bianchi. Il conto della crisi, insomma, l’ha pagato la forza lavoro. A rilevarlo è un’indagine dell’ufficio studi e ricerche di Mediobanca, che ha preso in esame 2.055 società con sede in Italia. Sono incluse nel campione tutte quelle con oltre 500 dipendenti e un quinto di quelle di media dimensione. A licenziare di più durante la crisi sono state le aziende di Stato: “A far data dal 2008, le imprese pubbliche hanno mostrato una contrazione degli organici di intensità più che doppia rispetto a quella delle imprese a controllo privato: -9,9% contro -4,9%”, si legge nello studio. In particolare hanno tagliato del 10,5% gli operai e dell’1,3% gli impiegati, mentre le imprese private hanno fatto a meno dell’8,3% delle tute blu e del 2,1% dei colletti bianchi. Peggio ancora hanno fatto i gruppi di proprietà estera che lavorano in Italia: hanno tagliato del 17,9% gli operai e del 6,8% gli impiegati.
Nella manifattura tagliato il 12,3% degli operai – L’andamento dell’occupazione è strettamente legato al tipo di attività. Se la manifattura ha tagliato gli operai del 12,3% e di gran lunga meno gli impiegati (-0,5% dal 2008 al 2014), il terziario è in controtendenza: nello stesso periodo, ha assunto il 10,2% di tute blu in più e ha fatto a meno del 4,2% degli impiegati. Chi è riuscito a tenersi il posto, poi, non ha visto aumentare la propria busta paga. Anzi: dal 2006 il potere di acquisto è sceso del 2,3%, con segnali di tenuta solo nella manifattura (+1%). Nei gruppi pubblici il costo del lavoro, in media, supera del 25% quello delle aziende private. “La crisi – spiega piazzetta Cuccia – ha accelerato la trasformazione produttiva” e ha portato a prediligere “modelli più leggeri”, progettazione, marketing e servizi post-vendita. Su questi dati pesa, inoltre, l’esternalizzazione. In Italia si cercano “più figure di coordinamento, meno esecutivi-manuali”. L’incidenza maggiore delle tute blu su tutta la forza lavoro è nelle medie-imprese: 62,3% del totale.
Margini più bassi del 25% rispetto all’inizio della crisi – Per le grandi imprese che producono in Italia l’anno scorso le vendite sono scese del 2,2%. Cresce l’estero (+2,2%) ma cade il mercato interno (-4,3%). Il fatturato delle imprese considerate resta del 4,3% sotto il livello del 2008. Solo le medie imprese hanno recuperato i livelli pre crisi, del 3,4%. Per quanto riguarda i margini, la differenza rispetto al 2007 è abissale: -25,5%. Nel 2014, segnali confortanti sono arrivati però dagli investimenti: +9,1% il totale, con la manifattura al +3,9% (dopo +1% del 2013). Il debito finanziario, considerando l’intero campione, è calato tra il 2012 e il 2014 di 11,2 miliardi. Lo stock di prestiti bancari è sceso di 15,8 miliardi e rappresenta il 29,1% del debito contro il 37,1% nel 2005: nell’ultimo biennio, segnala Mediobanca, le imprese hanno reperito altrove i capitali, soprattutto emettendo obbligazioni.