Società

Bambini in spiaggia, le regole per evitare pericoli (aiutati dalla tecnologia)

Spiegare direttamente ai piccoli quali sono i giochi che comportano rischi, possibilmente insegnare anche le basi del nuoto. E naturalmente scegliere luoghi adatti e non insidiosi. E se si perdono nella folla? Ecco la t-shirt hi-tech che geolocalizza con google maps

Scelta della spiaggia e dell’accesso al mare. Servizio di salvataggio efficiente e aree gioco attrezzate. Il tutto accompagnato magari da qualche lezione di nuoto prima dell’estate e, arrivati sotto l’ombrellone, dalle spiegazioni sui possibili pericoli nei giochi sugli scogli e in acqua. Poi abbronzatura responsabile. Questo per la prevenzione. Perché per rendere a prova di stress la vacanza al mare con i propri bambini è necessaria anche la conoscenza delle manovre di primo soccorso e il sangue freddo in caso di emergenza, oltre alla solita buona dose di attenzione. I consigli degli specialisti, il buon senso e persino la tecnologia con nuovi metodi per riacciuffare i discoli che si perdono sull’arenile possono aiutare a non tornare al lavoro più stanchi di prima. Ecco il vademecum per una vacanza al mare in tutta sicurezza, ma senza rinunciare al divertimento.

LA SCELTA DELLA SPIAGGIA – La prima scelta importante è quella del luogo dove fare il bagno. Quest’anno i pediatri italiani hanno assegnato 100 Bandiere Verdi ad altrettante spiagge a misura di bambino. I criteri utilizzati: acqua cristallina, pulita e bassa vicino alla riva, efficiente servizio di salvataggio, animazione, spazio tra gli ombrelloni, aree gioco attrezzate e sicure e strutture ricettive in prossimità del mare, dove poter acquistare una bibita fresca o semplicemente dell’acqua.  “La prima cosa da fare quando si è in spiaggia insieme ai bambini è verificare l’accesso al mare, la presenza di scogli o falesie. Comunque è necessaria l’osservazione continua da parte dei genitori”. Lo dice a ilfattoquotidiano.it Antonio Urbino, direttore della struttura complessa di Pediatria d’urgenza dell’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino e presidente della Simeup (Società italiana di Medicina di emergenza e Urgenza pediatrica).

SPIEGARE I RISCHI AI BAMBINI – “Mi rendo conto che è più facile tenere sott’occhio i bambini piccoli, che non devono mai essere lasciati soli perché possono annegare in pochi centimetri di acqua – continua l’esperto – Più difficoltoso è monitorare quelli dai 4 anni in poi, che amano fare escursioni sugli scogli e cimentarsi in acrobazie di ogni genere”. Vietato costringerli sotto l’ombrellone. Molto meglio dare loro qualche assaggio di autonomia. “Bisogna spiegare quali sono i giochi che comportano rischi, ad esempio i tuffi, e come affrontarli nel modo più corretto – spiega Urbino – perché spesso i bambini non hanno esperienze precedenti in merito a situazioni di pericolo. Per dirne una: non si sono mai fatti male battendo la testa sui fondali. Può accadere se non sono prudenti e loro lo devono sapere”.

SE I PICCOLI SI PERDONO – Uno dei peggiori incubi di ogni genitore è che il bambino si perda, magari in una spiaggia lunga diversi chilometri. In soccorso è arrivata la tecnologia utilizzata dal brand di abbigliamento Bea Barthes, che ha lanciato “Se mi perdo”. L’ideatrice del marchio, Francesca Fasoli, ha inventato un dispositivo che potrebbe far scuola: una speciale etichetta posizionata all’esterno dell’indumento. Se il bambino si allontana, chi lo trova deve solo avvicinare uno smartphone all’etichetta e vedrà comparire sul proprio cellulare il numero telefonico dei genitori e, contemporaneamente, questi ultimi riceveranno un’e-mail con la posizione del pargolo, geolocalizzata su Google Maps.

A LEZIONE DI NUOTO – Se la tecnologia viene in aiuto in caso di allontanamento, la conoscenza di alcune manovre può aiutare a evitare annegamenti. La prima regola è quella di osservare bene le bandierine esposte in spiaggia. Se sventola quella di colore rosso, niente bagno per i più piccoli. Secondo i dati del Ministero della Salute, nel mondo i tassi più alti di annegamento riguardano i bambini fra 1 e 4 anni, seguiti da quelli tra i 5 e i 9 anni. “La migliore prevenzione è insegnare il nuoto ai propri figli – suggerisce il direttore di Pediatria d’urgenza dell’ospedale torinese – In Italia l’insegnamento del nuoto non è così diffuso come si potrebbe credere. Eppure l’annegamento è tra le prime cause di decessi dovuti a traumi in età pediatrica”.

COME INTERVENIRE IN CASO DI PERICOLO – In caso di perdita di coscienza, il piccolo paziente va subito rianimato liberando le vie respiratorie. Se non si è in grado di praticare le manovre di soccorso, bisogna tenerlo in posizione supina, in attesa dei soccorsi. “Un bambino che viene portato a riva – spiega il pediatra – può avere bisogno di respirazione artificiale o massaggio cardiaco. Occorre essere pronti. La piscina, specie se di amici, è pericolosa tanto quanto il mare. Quelle pubbliche, invece, sono più controllate e attrezzate per le emergenze. In Italia si tengono numerosi corsi di primo soccorso. Noi incentiviamo la diffusione culturale di queste conoscenze tra i genitori, anche come supporto al bagnino”. Per evitare una congestione, a volte causa di annegamenti, il presidente del Simeup suggerisce poche e semplici regole: “Evitate di dare bibite ghiacciate o cibi particolarmente grassi. Per i bambini meglio frutta e verdura, ma anche gelati e piccoli spuntini. E aspettare almeno un paio di ore dopo i pasti prima di fare il bagno”.