Agguato in pieno giorno a Brescia, poco dopo le dieci del mattino. Due, massimo tre colpi colpi di fucile a canne mozze sparati a bruciapelo. Un’esecuzione in piena regola. I killer freddi e precisi non hanno lasciato scampo alla coppia di titolari della pizzeria-pasticceria Da Frank in via Val Saviore, zona Mandolossa, periferia estrema. Non hanno nemmeno provato a simulare una rapina, sono entrati per uccidere senza un apparente motivo, poi sono ripartiti.
Giovanna Ferrari, 63 anni, è morta sul colpo. Francesco Seramondi, 65 anni, è rimasto gravemente ferito. I medici del 118 hanno tentato di rianimarlo sul posto prima di trasportarlo in ospedale. Non ce l’ha fatta. Secondo una prima ricostruzione gli assassini sarebbero arrivati davanti alla pizzeria da asporto a bordo di uno scooter. Sono entrati. Hanno sparato a colpo sicuro e sono svaniti nel nulla.
Vengono scandagliate tutte le piste per individuare il movente che per ora rimane oscuro. I detective della Squadra mobile stanno raccogliendo i tasselli per ricostruire le vite della coppia che nel 2012 e nel 2013 aveva denunciato lo spaccio di droga davanti al proprio locale. Un elemento che però – almeno per ora – gli inquirenti non collegano direttamente al duplice omicidio perché troppo lontano nel tempo.
I coniugi Seramondi erano molto conosciuti e molto stimati dai clienti che li definiscono “un pezzo di storia di Brescia”. Il loro Da Frank è un’istituzione notturna, una tappa obbligatoria per i giovani bresciani che vogliono mangiare una treccia, un bombolone o un pezzo di pizza dopo una serata. Seramondi e la moglie Giovanna Ferrari erano ripartiti con l’attività dopo un paio di esperienze imprenditoriali concluse con il fallimento. Pare che fossero alle prese con problemi economici e l’attività sarebbe intestata a un fratello di Seramondi. Dopo la riapertura i gestori della pizzeria avevano appeso un cartello sulla vetrata del locale con la scritta: “Nonostante tutto… Nonostante tutti, Frank ritorna”.
C’è però un precedente inquietante su cui è puntata la lente della Mobile perché potrebbe essere direttamente legato al tiro al bersaglio di questa mattina. A luglio un dipendente della pizzeria, un 43enne di origini albanesi senza precedenti, era rimasto ferito in un agguato. Stava andando al lavoro con la sua auto quando è stato affiancato da un’altra vettura dalla quale partirono alcuni colpi d’arma da fuoco che lo ferirono. Ancora oggi i responsabili non hanno un volto e non è escluso che si possa trattare delle stesse persone che hanno premuto il grilletto oggi. Alla luce di quanto è successo, quell’episodio potrebbe essere letto come un avvertimento prima dell’esecuzione di questa mattina.
Nella pizzeria sono arrivati i tecnici della Scientifica in cerca di tracce utili. Mentre gli agenti hanno sentito alcuni testimoni. Gli investigatori della Mobile passeranno al setaccio le immagini di una telecamera di videosorveglianza piazzata non lontano dal locale per cercare di dare un volto agli assassini e ricostruiranno gli ultimi movimenti delle vittime analizzando anche i tabulati telefonici dei loro cellulari. Perché non è escluso che Seramondi possa avere avuto contatti con i suoi carnefici prima di essere ammazzato insieme alla moglie.
La zona dove si trova la pizzeria dei coniugi Seramondi è descritta da alcuni clienti come un “ghetto” dove spadroneggia la malavita straniera, un punto di spaccio dove c’è chi bussa ai vetri delle macchine per offrire droga. “C’era da saperlo che finiva così…”, scrive ora un affezionato sulla pagina Facebook di Da Frank. Chi conosceva Seramondi lo ricorda così, con poche righe che tratteggiano bene il suo carattere: “Non permettevi che davanti al tuo locale accadessero certe cose e probabilmente a modo tuo avrai detto a chi di dovere che non lo dovevano fare”. “Se ne sono andate due persone che hanno fatto parte fino ad oggi della storia di Brescia”, scrive qualcun altro.