Dal secondo posto di Losail a Indianapolis, la casa di Borgo Panigale sembra avere tradito le speranze di riscatto. Merito degli altri, ma anche di un regolamento che avvantaggia i più deboli solo in certe condizioni
Gigi Dall’Igna lo sapeva. Probabilmente lo aveva immaginato e previsto. Dopo il secondo posto di Andrea Dovizioso, a Losail, negli occhi del direttore generale di Ducati Corse c’era reale sconforto. Una cosa davvero strana se si pensa che da anni la Ducati non era così competitiva. Eppure, aver visto Desmodovi giocarsi la vittoria con Valentino Rossi fino all’ultima curva, ed essere addirittura davanti a lui per qualche secondo, durante l’ultimo giro, sono stati un boccone troppo amaro da mandar giù.
Alla Ducati sapevano benissimo di non avere tanti proiettili da sparare, e di doverli usare bene e subito. Anche per quello, come non succedeva da anni, si erano sbilanciati confessando addirittura di puntare ad una vittoria. Un risultato che mancava dai tempi di Casey Stoner. Perché dopo di lui con la rossa non ha vinto più nessuno, Valentino compreso. E da allora sono passati ormai cinque anni (era il gran premio d’Australia del 2010).
Oggi, però, la Ducati sembra essere una lontana parente della GP15 che è scesa in pista a inizio stagione. E che aveva stupito tutti già nei test pre-stagionali. Perfino Valentino Rossi, che al termine dei test a Sepang si era espresso così sulle agevolazioni concesse alla Casa di Borgo Panigale dal regolamento: “Penso che questa regola sia molto ingiusta. Ora le Ducati sono molto veloci, quindi non capisco perché debbano avere ancora il vantaggio delle gomme morbide. L’anno scorso forse sì, ma adesso sono veloci come noi. È qualcosa di strano, che accade solo in MotoGP”.
Quel qualcosa di strano non era nient’altro che il regolamento delle Factory 2, che appena fuori Bologna avevano letto e interpretato bene. Semplificando, si tratta di moto Factory con concessioni Open. Agevolazioni che vengono concesse per spingere nuove Case ad entrare (o tornare) in MotoGP. Come Suzuki e Aprilia.
Attenzione, però: quando Rossi si scagliava contro la decisione di regalare una gomma extramorbida da qualifica alle Ducati, qualcuno profetizzava già un calo progressivo della Casa italiana. In fondo, è meglio avere la gomma extrasoft in qualifica ma non potersi permettere una extrahard quando serve, cioè in gara, o viceversa?
La risposta la dà la gara di Indianapolis, al temine della quale il direttore generale di Ducati Corse dichiara che “non è stato semplice arrivare alla fine con le gomme più morbide”. Ed infatti sia la Honda che la Yamaha hanno preferito una gomma posteriore più dura. La Ducati quella gomma non l’aveva. Ma è stato scelto così perché sulla bilancia d’inizio stagione erano nettamente più pesanti le concessioni regolamentari delle quali la rossa ha goduto.
A Borgo Panigale sapevano che sarebbero arrivate le gare nelle quali avere una gomma più dura avrebbe fatto la differenza. Ma sanno anche che il gap che divide la rossa dalle giapponesi non è frutto solo di questa lacuna. Specie con il ritorno delle Honda ad alto livello.
“Ad Indy abbiamo portato a casa il massimo che si poteva ottenere – dice Dall’Igna –. Il distacco rispecchia il livello e i limiti attuali”. Niente alibi, dunque. Anche perché, a conti fatti, aver scelto di correre come Factory 2 ha portato a Borgo Panigale sei podi (nelle prime sei gare di campionato). Il doppio di quanto la Ducati aveva raccolto in tutto il 2014.