Cultura

Teatro: ‘Age’ di Collettivo cinetico: un’occasione mancata per raccontare i giovani

Piccolo cappello introduttivo sull’Italian Brunch al Teatro Fondamenta Nuove dove, come contraltare dell’internazionalità della Biennale tra Arsenale e Tese e Goldoni, si programma non tanto l’Italia quanto quasi soltanto il Veneto con tre focus locali (anche se conosciuti nel resto dello Stivale e oltre) con Francesca Pennini (ferrarese), Anagoor (Castelfranco Veneto) e Babilonia (Verona). Un po’ riduttivo, pur riconoscendo il valore delle compagnie, individuare nel km 0 il meglio dell’emergente nostrano.

Ha un atteggiamento da indagine sociologica e antropologica il lavoro “Age” di Collettivo Cinetico (vincitori di una delle sezioni del premio Rete Critica dello scorso anno) già dal tappeto sonoro, la classica da Quark che s’insinua e s’infiltra per oltre un’ora e riempie tutti gli spazi sonori. Come la musica anche la vicenda-svolgimento non subisce particolari scossoni. Come comincia così finisce, senza interruzioni o impennate, senza cambi di marcia, sterzate, virate di senso. Monocorde s’avvia e lineare muore, monocromatico e liscio senza scarti. Nove adolescenti, al limite della maggiore età, stanno su una panchina e aspettano che sul grande schermo passino alcune domande comportamentali. Ad un’azione corrisponde la reazione di alzarsi, prendere posto sul palco, occuparlo e muoversi, fare dei “solo” seguendo le linee, dirette da un grosso gong che ne segna il chiudersi e interrompersi, che un deus ex machina impone loro.

Le scritte appaiono, i ragazzi guardano, leggono, prendono la decisione se fanno parte di quel particolare gruppo, se si sentono rappresentati, se credono di far parte di quell’associazione, se si sentono dentro quei confini. All’inizio si spiega, in didascalie monotone, che i ragazzi non conoscono l’ordine delle domande e che il tutto sia random, senza una precisa scaletta. Cosa da una parte che ci è sembrata non corrispondente alla realtà e alla verità visto che i giovani sembravano reagire senza alcun particolare stupore o meraviglia agli input proposti meccanicamente dal kapò al mixer, seduto come Grande Capo alla macchineria-pc delle decisioni ultime (Utilizzatore Finale), dall’altra troviamo l’escamotage, messo inizialmente nella legenda come titoli di testa quasi a spiegare o giustificare quello che saremmo andati a vedere, assolutamente ininfluente.

Sarebbe potuto durare all’infinito; il meccanismo si autoriproduce senza trovare scappatoie o vie di fuga, senza spingere o esaltare. Sarebbe bastato che, forse nell’ultima scena, i protagonisti-burattini pinocchieschi (questi minorenni hanno però un gran controllo del corpo) avessero dimostrato una ribellione (il figlio che metaforicamente “uccide” il padre), una sana rivalsa, uno spirito guerrigliero e battagliero invece che assorbire e assentire, con servilismo, alle richieste che dall’alto cadevano sulle loro teste. Un’occasione mancata. Un’alta pretesa di raccontare i giovani.

Sempre a Fondamenta Nuove ma di tutt’altro tono, è stato l’“Iperrealismi” di Helen Cerina dove l’idea iniziale di riproduzione del reale, con i danzatori che doppiavano gesti che passavano in un video sullo schermo sul fondale, è stato soltanto il motore iniziale di un ragionamento che si è spinto ben oltre con due-tre momenti che hanno rappresentato, in maniera illuminante, quello spostamento in avanti che non era presente in “Age”. Quando ai segni dei quattro sul palco, dapprima senza immagini alle spalle e quindi privi di una sequenza logica, è stato abbinato, in una fase successiva, un filmato che riprendeva persone che nella vita reale stavano muovendosi, in questo caso in spiaggia, attuando quegli stessi comportamenti che, riprodotti nuovamente dai danzatori, sono esplosi nella loro rappresentazione e moltiplicazione. Oppure quando con questo stesso tentativo-approccio alle immagini “trafugate” da una terrazza con un anziano, la moglie in sedia a rotelle, immobile e con lo sguardo fisso, e la badante è stata applicata una commovente immaginazione che ha fatto librare e volteggiare e danzare libera e vellutata l’attrice che sul palco impersonava, prima in maniera identica, la signora in carrozzella. Come a dire: voi mi vedete qui impassibile, senza alcuna reazione, che guardo imperterrita questo muro, che vegeto, invece dentro sono una farfalla, sono una libellula, sono ancora ragazza, e sono bellissima.

Viste al Teatro Fondamenta Nuove, Venezia, il 30 e 31 luglio 2015