Tour del Fatto.it tra gli oltre 150 punti di ristoro dove si può trovare di tutto: dal panino con dentro carne di coccodrillo, al latte di giumenta fermentato del Kazakistan. Ma anche le specialità tipiche italiani. Insomma, ce n'è per tutti i gusti e non c'è bisogno di svenarsi per uscire soddisfatti e a stomaco pieno
Ristoranti, bar, chioschi, food truck. Se Expo non sempre brilla per i contenuti, a non mancare è invece l’offerta di cibo. Con la possibilità di darsi a sperimentazioni esotiche, come il latte di giumenta fermentato del Kazakistan o il crocoburger, il panino con dentro carne di coccodrillo venduto nello spazio dello Zimbabwe, nel cluster Cereali e tuberi.
Prima o poi potrebbe addirittura essere inaugurata la degustazione di insetti nel padiglione del Belgio, a patto che arrivino tutte le autorizzazioni necessarie, dopo che a giugno i controlli dell’Asl avevano portato al sequestro di una passata di pomodoro insaporita da vermi e, nel padiglione del’Olanda, al sequestro di larve e cavallette essiccate. In ogni caso, senza darsi ai gusti estremi, ci si può sbizzarrire in uno qualsiasi degli oltre 150 punti di ristoro. Dalle nostre specialità regionali al più classico degli hamburger americani, dai falafel israeliani alle tapas spagnole, dai noodles giapponesi ai tortini di mais cileni, dal cous cous tunisino ai piatti di riso dei diversi paesi asiatici. Sino alla degustazione di formaggi e vini nella Piazza della biodiversità in fondo al decumano, dove un addetto di Slow food descrive le qualità del prodotto che si sta per assaggiare.
Una grande opportunità di scelte che ha scatenato le proteste dei ristoratori di Milano: “Expo cannibalizza gli interessi dei nostri bar e ristoranti”, questa l’accusa di chi ha un locale in centro e ora dice di ritrovarselo semivuoto. Eppure i concorrenti in Expo costano un bel po’, vedi altra polemica, quella partita sul caro prezzi subito dopo l’inaugurazione. Con un po’ di attenzione, però, non è impossibile riempirsi la pancia senza svenarsi. Magari con un muamba de galinha da 12 euro, una specialità dell’Angola che al pollo affianca una polenta locale.
Oppure si può puntare al cluster delle Zone aride, dove con qualche manciata di euro si provano piatti tipici di Giordania, Eritrea e Palestina. Qui un menù completo di Ozzi, specialità di riso, pollo, mandorle e pinoli tostati, più humus, falafel e kibbeh, una specie di polpetta, viene via a 10 euro, mentre si spende meno se si sceglie solo una delle pietanze.
Per risparmiare sulla bevanda? Basta puntare su una delle casette che erogano acqua senza farla pagare. E non è nemmeno impossibile imbattersi ogni tanto in qualche assaggio gratuito, come un pezzo di cioccolato belga, un prodotto della Coldiretti o le specialità distribuite a orari fissi nel padiglione russo, con l’accompagnamento di un bicchierino di vodka.
Per non farsi prendere dall’indecisione, aiuta arrivare a Expo già preparati. Perché non farsi un giro su Internet il giorno prima? Una mappatura dell’offerta è stata per esempio fatta dal sito Zomato.com, con tanto di posizione sul sito, prezzi e foto dei menù. Da alcune settimane poi, i volontari di Expo distribuiscono una mappa con brevi descrizioni di quello che i paesi preparano nei loro locali. Così da darci un’occhiata, prima di girare a zonzo.
@gigi_gno – luigi.franco.lf@gmail.com