Ci sono circuiti dove si corre sull’asfalto ed altri dove si corre nella Storia. Brno è sicuramente fra questi ultimi, almeno per le due ruote. Quella di domenica sarà l’edizione numero 46 del gp, una cifra che nel mondo delle moto non lascia spazio a dubbi o interpretazioni. Ma la favorita è la Honda: con Marquez, che ha raggiunto il sesto posto nella classifica delle pole position in MotoGp al pari di Freddie Spencer e Dani Pedrosa, oppure con lo stesso numero 26 della Hrc. Occhio però alle rimonte del Dottore, che ha già scalato 40 posizioni nelle prime dieci gare.
La storia di Brno parte negli anni Cinquanta e si perfeziona nel 1965, quando si disputa la prima gara valevole per il Motomondiale fra le colline della Cecoslovacchia. Niente a che vedere con l’attuale tracciato: allora si sfrecciava su un lungo e pericoloso circuito stradale, tra mito e incoscienza.
Tra gli anni Sessanta e Settanta i nomi che risuonarono a Brno furono gli stessi che fecero grande il Motomondiale: Mike Hailwood, Phil Read, Angel Nieto, Jarno Saarinen, Franco Uncini. Oltre a Giacomo Agostini, ovviamente. In Repubblica Ceca il 15 volte campione del mondo vinse sette volte, fra 350 e 500. Sette proprio come Valentino Rossi e Max Biaggi. Perché Brno è un circuito per numeri uno. E proprio lì Valentino ha vinto il suo primo gran premio, nel 1996, e il titolo mondiale numero uno, un anno più tardi.
L’ultima vittoria di Rossi è arrivata nell’anno del suo ultimo mondiale, il 2009. Biaggi, invece, ha incominciato a fare amicizia con l’asfalto ceco già nel 1994, raccogliendo il testimone di Loris Reggiani, che a Brno in 250 aveva trionfato l’anno precedente. Anche per il Corsaro, la vittoria a Brno fu il preludio al suo primo titolo mondiale. E così fu anche per i quattro anni successivi. Perché Max non si fermò fino al 1998, quando ormai era passato in 500 dopo aver conquistato quattro titoli mondiali consecutivi in 250.
È stato un amore senza tempo quello fra Biaggi e il circuito ceco. Un sentimento che il pilota romano ha portato con sé anche in Superbike, continuando a collezionare successi. Con le derivate di serie, quattro vittorie, altrettanti secondi posti e una volta terzo sul podio.
L’ultima vittoria italiana l’ha firmata Andrea Iannone in Moto2. La mitica (e anche un po’ rimpianta) 250 non esisteva già più, l’era delle due tempi si stava definitivamente chiudendo. Era il 2011 e il pilota di Vasto ebbe la meglio su Marc Marquez al termine di una gara spettacolare. Negli ultimi anni, in MotoGp, Brno è stato sinonimo di Hrc. Quattro vittorie negli ultimi quattro anni: due successi per Pedrosa, uno a testa per Marquez e Stoner, che sempre nel 2011 salì sul gradino più alto di un podio tutto Honda, con Andrea Dovizioso e Marco Simoncelli.
L’anno scorso, invece, su questa pista Dani Pedrosa riuscì a fermare la cavalcata di Marquez, proprio quando Baby Champ sembrava in grado di vincerle tutte. Quando cioè pareva condannato alla vittoria come Rossi undici anni prima, che a Brno – per ribadire il concetto – festeggiò ammanettato e con una gigantesca palla al piede. L’avvenire, per Brno come per Indianapolis, è a rischio. Ma la Dorna vuole davvero fare a meno di questa pista, del suo pubblico e della sua storia?
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