Piacere quotidiano

Videogames: e-sport tra spettacolo, business e doping

VideogameCentinai di milioni di persone abbandonano la realtà per periodi sempre più lunghi, per rifugiarsi in mondi virtuali, progettati molto meglio della realtà per massimizzare il loro potenziale, per offrire efficacemente sfide, piaceri, emozioni, legami sociali. È un fatto. Una consistente parte dell’umanità canalizza le sue migliori energie fuori dalla società.

Così vede il fenomeno dei videogame Jane McGonigal, vera guru del settore. Nel suo La realtà in gioco (Apogeo, 2011), cerca di capire questo mondo virtuale e soprattutto di incanalarne le potenzialità per migliorare il mondo reale, infatti il sottotitolo recita Perché i giochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo. Il titolo originale chiarisce meglio i presupposti: Reality is broken. È nella realtà che c’è qualcosa che non funziona e forse i mondi virtuali sono anche una via di fuga.

Ma anche il mondo dei videogame (il cui fatturato ha superato quelli di musica e cinema messi insieme) sta rapidamente evolvendo e non è detto che sia per il meglio. È nato il cosiddetto e-sport in pratica l’equivalente delle organizzazioni e dei campionati sportivi per i videogiochi, con tanto di tornei, campionati, sponsor e professionisti strapagati. Il potenziale mediatico è enorme, parliamo di gare che hanno montepremi di milioni di dollari, si svolgono in arene con decine di migliaia di spettatori e vengono seguiti online da milioni (milioni!!!) di appassionati.

E come gli sport, quando degenerano in mero spettacolo e business perdendo il significato originale, fa capolino il doping. E come potrebbe essere diversamente quando in palio ci sono tanti soldi (oltre al delirio dei fan) e per eccellere è necessario mantenere una concentrazione sovrumana? Recentemente per esempio il video-atleta tedesco Kory Friesen ha confessato di far uso di anfetamine per migliorare le sue prestazioni, aggiungendo però che si tratta di una cosa del tutto normale, che si tratta di una pratica del tutto comune a quei livelli. E c’è da credergli.

E le leghe – sponsorizzate dalle grandi case produttrici – dicono che prenderanno provvedimenti, che introdurranno controlli anti-doping: sì, certo, perché loro non ne sapevano nulla, vero? Io credo che non solo sapessero, ma fossero anche complici. Non ci sono evidenze, nessuno se ne è mai interessato (manca infatti una Federazione Mondiale che governi questo mondo), ma è del tutto plausibile ritenere che vi siano implicazioni.

Qualche dato per inquadrare quello che sta succedendo. Quando la McGonigal scriveva il suo libro, Twich (una piattaforma video specializzata nella trasmissione di e-sport) non esisteva, ma già nel 2014 ha superato i 50 milioni di singoli spettatori per mese, tanto che è stata acquistata da Amazon per la bellezza di 1,1 miliardi di dollari.

È l’Oriente l’epicentro del fenomeno e in particolare la Corea del Sud, dove gli incontri di Starcraft o League of Legends vengono regolarmente trasmessi sulla tv nazionale.

Una significativa parte dello sport ufficiale è marcio di doping (pensate solo al ciclismo!) e di partite truccate e a mio parere quello che poi si scopre non è che la punta dell’iceberg. E come potrebbe non esserlo l’e-sport, con un boom di questa portata e senza un vero “government body”?
Stiamo a vedere come interpreterà queste nuove evoluzioni proprio la McGonigal, come riuscirà a incanalare positivamente le enormi energie e competenze sviluppate da questi video-atleti.

Anche la Federazione Scacchi così come quelle di Bridge e Dama, in quanto facenti parte del Coni sono sottoposte a regole antidoping con controlli a sorteggio in alcuni tornei, con tanto di lista di sostanze proibite. E ben venga, anche se forse le maglie sono belle larghe. Ben venga, perché dove non ci sono “government body” ognuno può fare liberamente quello che crede.

In passato mi è personalmente capitato di vedere giocatori chiaramente sotto cocaina in importanti tornei di Backgammon e nessuno ha potuto fare nulla: che tristezza! È uno dei motivi per cui ho smesso di frequentarli: perché mai devo competere contro qualcuno che si avvale di aiutini esterni? Non eravamo alla pari! E non credo che nemmeno il mondo del Poker sia del tutto esente, a maggior ragione proprio perché non esiste un governo generale e quasi tutto è lasciato all’iniziativa privata.

Vabbè, così ho certamente fatto arrabbiare un bel po’ di gente… ma almeno mi sono tolto un sassolino dalla scarpa!