Della possibilità che le origini di questo disturbo nervoso siano scritte anche nel Dna, oltre che legate a fattori ambientali, è convinto un team di ricercatori britannici e cinesi
Esiste un nesso di causa-effetto tra i geni e la depressione, male oscuro che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) colpisce 350 milioni di persone nel mondo, come riportato su Nature? Della possibilità che le origini di questo disturbo nervoso siano scritte anche nel Dna, oltre che legate a fattori ambientali, è convinto un team di ricercatori britannici e cinesi della Oxford University, della Virginia Commonwealth University (VCU) e della Fudan University cinese, dopo i primi promettenti risultati di una vasta indagine.
Il gruppo di ricerca internazionale ha, infatti, iniziato a far luce sulle cause genetiche dei disturbi depressivi, illustrando per la prima volta, in uno studio pubblicato su Nature (leggi) il collegamento tra due varianti geniche e questo diffuso disturbo dell’umore e della personalità. I primi a essere sorpresi dell’esito della ricerca sono gli stessi autori. “Dopo i risultati negativi di precedenti indagini, pensavamo che non fosse la strada giusta”, commenta Jonathan Flint, genetista della Oxford University, tra i coordinatori della ricerca.
E, invece, i risultati cominciano ad arrivare. Gli studiosi hanno analizzato il Dna di oltre 5mila donne colpite da depressione, appartenenti al gruppo etnico “han”, il principale in Cina e il più grande al mondo per numero di rappresentanti. Tra le donne, infatti, secondo l’Oms, l’incidenza di forme depressive è il doppio rispetto agli uomini. I sintomi, inoltre, possono variare molto da individuo a individuo. Sequenziando il loro genoma e confrontandolo con un campione di altre 5mila donne considerate sane, gli scienziati hanno identificato due aree, entrambe situate sul cromosoma 10, che sembrano essere associate alla depressione. Una, in particolare, si trova vicino al gene “SIRT1”, coinvolto nella biosintesi dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule, suggerendo così un loro possibile ruolo nello sviluppo della malattia.
Gli stessi autori, però, sottolineano che occorreranno ulteriori studi, su differenti popolazioni, per confermare questi primi dati, e distinguere tra casi di tristezza e patologia vera e propria. In un commento alla ricerca pubblicato sempre su Nature, Patrick F. Sullivan, psichiatra e statistico medico all’Università del North Carolina e al Karolinska Institut di Stoccolma, sottolinea che le correlazioni geniche individuate potrebbero, ad esempio, essere dovute a caratteristiche genetiche specifiche della popolazione cinese su cui sono state condotte le indagini. Potrebbero, inoltre, essere coinvolte anche altre sequenze geniche. L’attività dei mitocondri è, infatti, regolata da numerosi segmenti di Dna.
Per queste ragioni, nei prossimi mesi gli studiosi intendono indirizzare le loro ricerche proprio sull’individuazione di una possibile correlazione di altre sequenze mitocondriali con i disturbi depressivi.