Il governo di Pechino ha ordinato la completa evacuazione di tutte le persone che si trovano nel raggio di tre chilometri dalla zona dove la sera del 12 agosto si è verificata l’esplosione che ha provocato centododici vittime a Tianjin, nel nord della Cina. Nel luogo dell’incidente, secondo quanto riportano i media locali, l’aria è inquinata da una consistente quantità di cianuro di sodio, sostanza infiammabile a contatto con l’acqua. 

Già la sezione asiatica di Greenpeace aveva denunciato la presenza di questa e di altre sostanze chimiche velenose all’interno del magazzino dove è avvenuto il disastro che ha devastato la città portuale. Nell’area, nel frattempo, continuano a susseguirsi roghi e sono state avvertite anche alcune esplosioni. Le forze dell’ordine e i soldati dell’esercito cinese controllano l’accesso e diversi elicotteri la sorvolano senza sosta.

Il bilancio delle vittime, a seguito del continuo svilupparsi di incendi e della propagazione di sostanze tossiche, ma anche delle centinaia di persone ricoverate negli ospedali cittadini, potrebbe aumentare ben oltre le centododici contate fino ad ora. Intanto i familiari dei vigili del fuoco dispersi, intervenuti dopo l’esplosione e l’incendio che ne è scaturito, hanno interrotto una conferenza stampa delle autorità, chiedendo notizie riguardo ai propri parenti scomparsi da alcuni giorni. Tra le vittime accertate, ci sono almeno ventuno pompieri.

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