La Casa tedesca sta sperimentando diverse formule di condivisione dell'auto. C'è il car sharing tradizionale. C'è la macchina aziendale che i dipendenti possono usare anche la sera. E ancora c'è la formula per cui, pagando 1.600 euro al mese, si può decidere ogni giorno quale modello dei quattro anelli usare
Concorrenza su ogni fronte. Anche su quello del car sharing, che l’Audi aveva inizialmente dato l’impressione dei voler “snobbare”, salvo poi iniziare i primi test lo scorso anno. Dal primo agosto, qualcosa di più di una semplice nuova sperimentazione riguarda la Germania, anche se con un numero ristretto di concessionari coinvolti e la riserva di successive valutazione sulla possibilità di esportare il modello di business anche all’estero. Del resto, prove sono in corso anche negli Stati Uniti e in Svezia
Il car sharing di lusso dei Quattro Anelli propone soluzioni “anticonvenzionali” rispetto a quelle dei rivali tedeschi Daimler (Car2go in società con Europcar) e BMW (DriveNow assieme a Sixt). Audi Shared Fleet è una formula (per il momento tedesca, ma in Italia BMW offre già qualcosa di simile) che consente alle aziende di mettere le auto a disposizione per impieghi professionali anche per gli spostamenti privati dei collaboratori, che devono versare quote per l’utilizzo, anche se per il momento non è dato sapere a quanto ammontino. Un po’ perché dipende dal modello e un po’ perché le imprese potrebbero anche decidere di trasformare questa soluzione in un potenziale benefit: vetture in car sharing anziché di proprietà o in leasing per il personale. Un’auto per molti, insomma. Probabilmente abbattendo i costi della flotta. “Vedo ancora un grande potenziale nel corporate car sharing”, ha dichiarato alla Wirtschaftswoche Luca de Meo, responsabile vendite e marketing Audi e da poco Commendatore della Repubblica. Se il datore ha optato per il prezzo fisso, incassa direttamente le quote dei collaboratori, altrimenti Audi, che calcola impiego orario e chilometrico di tutti i tragitti.
Audi Select è, in qualche modo, il contrario di Audi Shared Fleet: più auto per un solo cliente. Una formula di “cars sharing” (al plurale) studiata per gente piuttosto facoltosa, desiderosa di mettersi al volante, a seconda dell’umore, di modelli esclusivi, per esempio S5 Sportback, SQ5 e RS6 Avant. Con un canone tutt’altro che popolare, cioè 1.621 euro mensili, il cliente può scegliere che auto guidare fra questo invidiabile terzetto. La formula prevede fino a 3 auto l’anno.
Rupert Stadler, numero uno dell’Audi, aveva già anticipato nel 2014 di non voler puntare al mercato di massa, ma di essere più orientato verso “qualcosa di più premium”. E così è stato. Test sono in corso anche anche negli Stati Uniti o a Stoccolma dove la proposta è più simile al car sharing “tradizionale”. Ovvero fino a cinque persone si dividono la stessa auto. Una “mobilità condizionata” (si chiama Unite), a prezzi che sembrano incoraggianti che partono da 180 euro mensili in media, ma con variabili come modello, chilometraggio e numero degli utenti (più si è, meno si paga). Il sistema contabilizza la percorrenza ed elabora il conto sulla base dell’impiego effettivo.
Da giugno, a San Francisco l’Audi offre una formula “à la carte” con un autista che porta e ritira il modello desiderato all’indirizzo precisato che il cliente può utilizzare per un periodo che va da uno a 28 giorni, ma più che di car sharing si tratta di un noleggio molto esclusivo. Perché, spiega il numero uno Rupert Stadler, Audi rileva “trend differenziati a seconda del contesto culturale e quello che funziona a Berlino non è affatto detto che vada bene a Seul”.