Italia, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti condannano gli atti barbarici subiti dai libici e ribadiscono il sostegno a Leon per la prosecuzione del processo di dialogo. Gentiloni: "O si chiude entro poche settimane o avremo un'altra Somalia". Gasparri: "Governi occidentali fatti da pusillanimi. Il ministro degli Esteri fa parte di una congrega di pagliacci"
Condanna degli atti barbarici dell’Isis nei confronti della Libia e sostegno al rappresentante dell’Onu Bernardino Leon per la prosecuzione del processo di dialogo nel Paese perché la battaglia contro lo Stato islamico sia più efficace. Se il premier Abdullah Al-Thinni nei giorni scorsi aveva accusato la comunità internazionale di ignorare gli attacchi terroristici, ora la “coalizione anti-Isis” formata da Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti fanno appello “a tutte le fazioni libiche che desiderano un Paese unificato e in pace affinché uniscano le proprie forze per combattere la minaccia posta da gruppi terroristici transnazionali che sfruttano la Libia per i loro scopi”. E d’altra parte gli “avvenimenti terribili che stanno accadendo a Sirte sottolineano ancora quanto sia urgente che le varie fazioni libiche trovino un accordo per la formazione di un Governo di concordia nazionale che, in cooperazione con la comunità internazionale, possa garantire la sicurezza al Paese contro i gruppi di estremisti violenti che cercano di destabilizzarlo”.
Sulla situazione in Libia è intervenuto di nuovo anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che intervistato dalla Stampa ha spiegato che “in Libia o si chiude in poche settimane o ci troveremo con un’altra Somalia a due passi dalla costa. E dovremo reagire in un modo diverso, ponendo nell’agenda della coalizione internazionale anti-Daesh il tema Libia, sapendo che non si tratterebbe più di stabilizzare il paese ma di contenere il terrorismo”. Per questo bisogna “insistere sul piano negoziale. Il tempo è cruciale e non è illimitato”, dice Gentiloni. Il ministro interviene anche nella polemica tra Matteo Salvini e la Chiesa sull’immigrazione (effetto diretto dell’instabilità della Libia) che ha sfiorato anche il governo con le parole del segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, poi ridimensionate, proprio sull’impegno dell’esecutivo in materia di accoglienza. “Il messaggio della Chiesa merita rispetto” afferma Gentiloni. “Un governo – continua – deve gestire e regolare l’accoglienza e non può solo dire venite e sarete accolti. Ma il nostro governo ha anche il dovere di contrastare chi spaccia paure o illusioni, paventando l’invasione che non c’è e promettendo la soluzione facile che non esiste”.
Ma l’intervento dei 6 Paesi occidentali e le parole del ministro Gentiloni provocano la rabbia del vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. “Siamo davvero alla farsa – scrive in una nota – La cosiddetta coalizione anti Isis di cui fanno parte i principali paesi dell’Occidente, compresa l’Italia, ha emesso un comunicato di condanna per le violenze degli estremisti islamici in Libia. L’Isis massacra in Siria e nella Sirte e l’Occidente fa comunicati stampa. Sono dei governi fatti da pusillanimi cialtroni“. E per non lasciare spazio all’ambiguità insiste: “È incredibile emettere comunicati mentre si attuano stragi e si minaccia la sicurezza dei nostri territori e popoli. Bisogna intervenire militarmente. Questa storia del comunicato è veramente un atto turpe e vergognoso. Il ministro Gentiloni fa parte di una congrega di pagliacci, non di una coalizione internazionale”.
Intanto si fa sempre più urgente la necessità di un intervento sanitario e umanitario in Libia secondo il presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia e presidente delle Comunità del mondo arabo in Italia, Foad Aodi, che è in contatto con i medici in Libia e fornisce un bollettino sempre più preoccupante: “Ad oggi ci sono stati segnalati 214 morti e 556 feriti”. Secondo Aodi “ormai l’Isis costringe i medici a curare solo i propri feriti. Mancano ortopedici, neurochirurghi, anestesisti. E’ sempre più urgente un intervento umanitario“.