Nella Venezia moderna, pensata e progettata da Scarpa, Samonà, Gardella, Wright, Le Corbusier, Kahn e dal più recente Cino Zucchi che con le loro architetture e con risultati diversi hanno saputo confrontarsi con la complessità, la bellezza e la singolarità del luogo, l’ampliamento dell’hotel Santa Chiara sul Canal Grande, oggetto delle recenti polemiche è la rappresentazione della rinuncia all’architettura .
L’immobile, realizzato dagli architetti Antonio Gatto, Dario Lugato e Maurizio Varratta, che amplia la ricettività dello storico albergo Santa Chiara, con 19 stanze e un parcheggio sotterraneo che sarà inaugurato a settembre, delude le aspettative che una città monumento come Venezia prevede: è un progetto compilativo, che si riduce a inventario più o meno esaustivo dei requisiti funzionali ai quali deve rispondere, e che rinuncia espressamente ai criteri specifici dell’architettura.
Neppure è possibile ascrivere l’ampliamento di Santa Chiara tra quelle opere consapevolmente anonime, concepite secondo “l’arte del distacco”, per l’assenza della ricerca di quel dettaglio sublime che connota questo tipo di architettura e che ha nella “scuola di Porto” il suo più significativo esponente in Álvaro Siza.
Alla città di Venezia, invece, viene consegnato, dopo cinque anni di cantiere, il frammento di quello che appare come un anonimo condominio, simile a quelli che, a partire dagli anni ’80, è possibile incontrare in qualsiasi quartiere del nord Europa.
Frutto di un compromesso con la Soprintendenza, l’espressione della cui inadeguatezza in questa circostanza è stata disarmante, l’edificio ha alimentato la mai sopita contrapposizione schematica, tutta italiana, tra “conservatori e sostenitori del nuovo” a prescindere . Questi ultimi, i “nuovisti”, fondano per lo più le proprie ragioni su un’idea banale della modernità, che suona più o meno cosi: “se il tempo trascorre anche l’architettura deve tenere lo stesso passo”. Ragionamento superficiale e deleterio, che è alla base della strategia del consumismo estetico contemporaneo .
L’ampliamento di Santa Chiara, che di “nuovo” inteso come moderno non ha nulla (ed è questo il suo peggiore difetto), fa avvertire l’urgenza di una legge per l’architettura che riservi un’attenzione specifica agli interventi situati in luoghi di eccezionale rilevanza, eventualmente con una procedura che consenta a più professionisti di confrontarsi sul tema specifico.