Dopo 13 anni un italiano vince nel circuito. Sullo stesso storico tracciato della Repubblica Ceca il Dottore ha vinto il suo primo gran premio e ha conquistato il primo titolo mondiale
È figlio d’arte, partiva dalla pole position e ha conquistato la sua prima vittoria a Brno. Non stiamo parlando di Valentino Rossi. A 19 anni di distanza, il protagonista questa volta è Niccolò Antonelli. Il paragone, in realtà, paragone non è. Ma senza dubbio quello che collega Niccolò a Valentino è un filo rosso ben intrecciato. Un nastro che parte da quel lembo di terra tra la Romagna e il nord delle Marche e arriva fino alla Repubblica Ceca. Perché tutto è iniziato nel giro di dieci chilometri da Cattolica, dove Antonelli è nato 19 anni fa.
Niccolò vive a Santa Maria in Pietrafitta, nel comune di San Giovanni in Marignano, a dieci chilometri dall’autodromo di Misano. Da lì, il filo porta a Brno, una pista che nei dintorni di Tavullia non sarà mai come le altre. Ci sono voluti ben 13 anni per vedere un pilota italiano tornare alla vittoria a Brno nella classe più piccola. L’impresa è riuscita a Niccolò, talento ritrovato proprio quando sembrava si stesse perdendo. Cioè dopo 61 gran premi in Moto3 senza mai salire sul podio. A trovarlo, prima di tutti, è stato Valentino Rossi. Che lo ha voluto nella sua VR46 Riders Academy, il progetto del Dottore per promuovere la crescita dei giovani piloti italiani.
A Brno, proprio quando Antonelli stava per compiere i suoi primi sei mesi di vita, Valentino ha vinto il suo primo gran premio. E sempre sullo storico tracciato della Repubblica Ceca il Dottore ha conquistato il primo titolo mondiale, un anno più tardi. Da allora sono passati 18 anni. Nel frattempo, quella giovane promessa ha semplicemente riscritto la storia di questo sport. Tanto da far dire a Marc Marquez: “Se vai in un qualsiasi Paese del mondo e chiedi a chiunque che cosa sia la MotoGp, è probabile che non lo sappia. Ma se gli chiedi chi è Valentino Rossi, sicuramente ti risponderà”. Antonelli ha riportato indietro l’orologio di 19 anni. Quando VR46 non era un brand conosciuto in tutto il mondo. Erano semplicemente le iniziali e il numero di un giovane talento, figlio d’arte, che si era appena affacciato al Motomondiale.
Il déjà-vu è tutta farina del sacco di Niccolò. Uno che l’anno scorso in pista era caduto tanto, ma che poi ha saputo rialzarsi. Grazie ad un feeling sempre in crescita con la sua Honda e all’aiuto del team Ongetta-Rivacold di Giancarlo Cecchini e del figlio Mirco, capotecnico di Niccolò, che hanno creduto in lui fin dall’inizio. E gli hanno già rinnovato la fiducia anche per la prossima stagione. “Ci voleva, dopo un periodo un po’ difficile. Più per mio papà che per me”, ha detto Nelli dopo la vittoria. Il padre Igor, intanto, non smette di piangere dalla gioia: “Questo è il vero Niccolò”. Un ragazzo timido, il cui volto a molti ricorda un po’ quello di Marco Simoncelli ai tempi della 125.
Impossibile però fare paragoni fra lui e il Sic. E tantomeno fra questo Antonelli e quel Valentino. Sarebbe profondamente scorretto. Quello che si può fare, invece, è ringraziare Niccolò. Chi ama le moto, lo faccia perché a lui dobbiamo l’aver rivisto il tricolore sul gradino più alto di un podio che vent’anni fa era terra di conquista italiana, e adesso sembrava relegato solamente ai successi dei piloti spagnoli. Chi invece le moto le segue per amore di Rossi, ringrazi Antonelli per aver riportato la nostra memoria a quel 18 agosto 1996. Quando la RS 125 di Valentino sfiorava il muretto di Brno, appena dopo il traguardo. Lui batteva forte i pugni sul serbatoio, e la leggenda aveva inizio.