Dopo le critiche del Pontefice - che a marzo fu molto duro con il "compiacimento autoreferenziale" del movimento fondato da don Giussani - anche il messaggio della vigilia è stato decisamente distaccato. Attenzioni per l'intervento di Galantino
Comunione e liberazione riparte dopo la bacchettata del Papa. Quello che si apre oggi a Rimini è il primo Meeting dopo la dura sferzata di Bergoglio ai membri del movimento fondato da don Luigi Giussani. Il 7 marzo 2015, davanti a oltre 100mila ciellini presenti in piazza San Pietro per celebrare i primi 60 anni di vita e i 10 anni dalla morte del fondatore, il Papa aveva usato parole durissime: “Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una ‘spiritualità di etichetta’: ‘Io sono Cl’; e cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una Ong”.
Francesco era andato ancora oltre salvando la memoria e l’opera di don Giussani, ma sottolineando che la “fedeltà al carisma non vuol dire ‘pietrificarlo’, è il diavolo che ‘pietrifica’”. Il monito del Papa era stato chiaro: “Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri. Tenete vivo – era stato l’invito di Bergoglio – il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi”. Subito dopo l’udienza era più che palpabile la delusione dei ciellini giunti a Roma e anche quella dei vertici del movimento che si affrettarono a diramare un comunicato per cercare di attutire l’effetto mediatico delle dure parole di Francesco. Dopo quell’intervento di una possibile presenza del Papa al Meeting nemmeno l’ombra.
Cinque mesi dopo Bergoglio ha replicato la sua presa di distanza dal movimento di don Giussani limitandosi a rinnovare la prassi consolidata di inviare al vescovo di Rimini, città che ospita il Meeting, un messaggio a suo nome ma a firma del Segretario di Stato. Un testo “curiale” al 100 per 100, fatto di copia e incolla di discorsi e documenti del Papa e perfino con citazioni di Benedetto XVI, senza riferimenti all’udienza del 7 marzo 2015. Un testo che Bergoglio si è limitato a leggere e ad approvare. Nel messaggio, firmato dal cardinale Pietro Parolin, si sottolinea che “nessuno di noi può iniziare un dialogo su Dio, se non riusciamo ad alimentare il lumino fumigante che arde nel cuore, senza accusare nessuno per i suoi limiti, che sono anche i nostri, e senza pretendere, ma accogliendo e ascoltando chiunque”.
Nel testo non manca un riferimento alla cosiddetta teoria del gender: “Il dramma di oggi consiste nel pericolo incombente della negazione dell’identità e della dignità della persona umana. Una preoccupante colonizzazione ideologica riduce la percezione dei bisogni autentici del cuore per offrire risposte limitate che non considerano l’ampiezza della ricerca di amore, verità, bellezza, giustizia che è in ciascuno”. Freddo anche il saluto finale: “Il Santo Padre augura agli organizzatori e ai volontari del Meeting di andare incontro a tutti sostenuti dal desiderio di proporre con forza, bellezza e semplicità la buona notizia dell’amore di Dio, che anche oggi si china sulla nostra mancanza per riempirla dell’acqua di vita che scaturisce da Gesù risorto”.
Accanto alla tradizionale sfilata di premier, ministri, politici e giornalisti, anche quest’anno al Meeting non mancheranno le berrette rosse. Sono previsti, infatti, gli interventi dei cardinali George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, sul tema “Chiesa e denaro”, Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze. Molto attese, dopo le recenti e dure polemiche con la classe politica, le parole del segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, al quale è stato affidato il tema “Persona e senso del limite”.
Twitter: @FrancescoGrana