Dopo le dimissioni di Alexis TsiprasIl capo dello Stato, Procopios Pavlopoulos ha affidato al segretario del partito il mandato esplorativo per comporre un governo che abbia la maggioranza in parlamento
Come nel gioco dell’oca la politica greca ricomincia da dove era finita ad inizio anno: dai conservatori di Nea Dimokratia e dalle tangenti per le armi. Il capo dello Stato, Procopios Pavlopoulos, anch’egli conservatore, ha affidato al segretario del partito ND Vaghelis Meimarakis il mandato esplorativo per comporre un governo che abbia la maggioranza in parlamento, dopo le dimissioni di Alexis Tsipras. Un’impresa complessa, forse impossibile, ma che forse qualcuno considera alla sua portata vista la conoscenza profonda che Meimarakis ha della politica greca e dei suoi ingranaggi. E’stato infatti presidente del Parlamento greco dal 2012 al 2015 e guida l’Istituto per la Democrazia Konstantinos Karamanlis. Più volte ministro: della difesa dal 2006 al 2009, nel bel mezzo degli scandali per le forniture di armi dalla Germania alla Grecia, portavoce parlamentare di ND e vice Ministro della Cultura dal ’93 al ’94. Fu accusato, come l’80% dei politici greci, di fondi neri, incamerati tra il 2005 e il 2009 assieme agli allora ministri Voulgarakis e Liapsis (hanno sempre negato) dopo le rivelazioni pubblicate nel 2012 dal settimanale Realnews che poi l’allora ministro querelò per diffamazione. Ma nessun giudice riuscì poi a portare i fatti in tribunale, anche per colpa della complicata norma per l’autorizzazione a procedere in Grecia che ha una scadenza che si rinnova ad ogni cambio di parlamento. E dal 2012 ad oggi ce ne sono stati ben tre. Come dire che i tempi vengono ricalcolati ad ogni nuova assemblea e a tutto vantaggio di chi non aspetta altro che la prescrizione.
Ma Meimarakis lo scorso settembre è stato attenzionato anche dalla procura della Corte Suprema per una serie di denunce contro di lui quando era ministro della Difesa. Il caso riguardava i programmi di armamento e la gestione dei sistemi di difesa ellenici. Basti pensare che la Grecia negli ultimi cinque anni ha acquistato da Berlino mille carri armati, mentre l’esercito tedesco solo 240. Le accuse di tangenti contro Meimarakis vennero rivolte dall’ex tenente dell’aeronautica George Ntavris, che aveva anche deposto in Aula proprio per consentire la richiesta di autorizzazione a procedere. Nei verbali ufficiali il signor Ntavris ha fatto riferimento a una gestione “allegra” dell’intelligence militare sfruttando la morte eroica dell’aviatore Costas Iliaki, al largo delle coste di Karpathos.
Durante il dibattito in Aula il 28 agosto 2014 il rappresentante di Syriza, l’eurodeputato Chatzilamprou lamentò che dalle tabelle fornite dal governo ai partiti politici per giustificare contratti di armamenti firmati con note multinazionali, scomparvero circa 210 milioni di euro (frutto di tangenti secondo l’accusa) per 85 contratti che sono costati allo Stato greco circa 3 miliardi di penali. Insomma, secondo i suoi accusatori parte di quei 210 milioni finì proprio all’attuale Segretario di Nea Dimokratia, anche se da un punto di vista giudiziario la questione è ancora in alto mare. L’ex premier conservatore, Antonis Samaras, lo ha sempre difeso quando era a capo della Camera per quelle accuse, forse perché vicino al suo braccio destro Stavros Papastravrou. Quest’ultimo viene considerato nel partito l’uomo delle missioni speciali. Secondo alcune ricostruzioni, avrebbe investito in titoli greci milioni di marchi dal fondo della Gioventù del Partito popolare europeo, attraverso cui avrebbe poi ottenuto alcuni fondi neri riconducibili a leader politici europei. Come ad esempio quello dei giovani del Ppe, che è sempre stato un segreto di Pulcinella, quanto a reticenza di informazioni, anche se una delle poche notizie “in chiaro” è proprio il coinvolgimento di Papastavrou nel caso dalla lista Lagarde, nello scandalo Siemens, passando per l’affare Named.
In occasione delle Olimpiadi elleniche del 2004, costate il triplo del previsto, era stato lo scandalo Siemens a deflagrare in tutta la sua gravità: si verificò un anomalo e ingente flusso di denaro per assicurarsi commesse e appalti. Con le stessa azienda tedesca che ammise (solo in seguito) pagamenti in nero per circa 1,3 miliardi di euro con la conseguente rivoluzione all’interno del proprio management: furono costretti alle dimissioni il presidente Heinrich von Pierer e l’amministratore delegato Klaus Kleinfeld.