Khaled Assad credeva nel destino. Aveva deciso, insieme alla famiglia, di non lasciare la città nella quale era nato e che il suo impegno di una vita l’aveva resa tanto bella da essere soprannominata la “Sposa del deserto”.
Un uomo di 81 anni che ha sacrificato la sua esistenza per un grande amore. Sembra una storia d’altri tempi che invece si presenta così tragicamente attuale, reale e non troppo lontana da noi. Più che lontano è antico il luogo nel quale è avvenuto l’atto barbarico di violenza, tortura che ha portato all’uccisione dell’archeologo, studioso e custode della città di Palmira. Due giorni prima, secondo le cronache, durante un bombardamento era deceduto il vice-direttore del laboratorio di restauro della Cittadella di Damasco, ma la morte di Khaled Assad ha realmente qualcosa di eroico ed epico: donare la propria vita per salvare un patrimonio dell’Umanità.
Sopportare chissà quali torture piuttosto che svelare il nascondiglio di porzioni di quella città romana che dal 1980 è divenuta patrimonio dell’Umanità.
In un’epoca in cui valori, motivazioni e ideali hanno una dimensione liquida se non peggio, gassosa, Khaled è morto per un amore, per Palmira e per tutti coloro che hanno a cuore l’arte e ciò che rimane delle antiche civiltà.
È morto per un ideale vero. Chi lo ha ammazzato, con modalità che riportano al buio delle esecuzioni medioevali, con molta probabilità ha un ideale non tanto diverso da quello che contraddistingue la cultura occidentale che vorrebbe cancellare. Presumibilmente lo ha fatto proprio per uomini occidentali e non tanto per un sia pur discutibile wahhabismo monoteista che impone ed ottiene la distruzione di qualsiasi luogo o immagine di culto.
Pare infatti che i sicari abbiano agito per il business del commercio di opere d’arte nei circuiti dei ricchi mercati mondiali, in particolare europei: una fiorente e sprezzante economia, alimentata da razzie in scavi, organizzate da bande armate specializzate, e i cui bottini concorrono di fatto a sostenere i costi enormi della guerra. 
Khaled Assad si è lasciato ammazzare piuttosto che svelare un segreto.
Quando quel tesoro tornerà alla luce sferzato dal vento della libertà, quando le immagini della nuova rinascita faranno il giro del mondo, non potrò non ricordare l’immagine bella di quell’uomo che, chino sulle ginocchia, sorride felice accarezzando una parte del corpo della sua Sposa del Deserto per la quale ha dato la vita.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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