Reintegrato, ma degradato. E’ l’ennesima puntata della “guerra del Sert” che all’Unità sanitaria di Verona vede scontrarsi Giovanni Serpelloni, già Capo dipartimento politiche antidroga a Palazzo Chigi vicinissimo a Carlo Giovanardi, e i vertici della Ulss veneta, guidata dal direttore generale Maria Giuseppina Bonavina. La Ulss 20, che copre la città veneta e 36 comuni della Provincia, a gennaio aveva licenziato in tronco Serpelloni, responsabile del Servizio per le tossicodipendenze, per una complessa controversia riguardante la titolarità del software gestionale Mfp, sviluppato a Verona e ormai utilizzato da molti Sert italiani per gestire assistiti e terapie. Nei giorni scorsi, però, la Sezione lavoro del tribunale scaligero ha accolto il ricorso di Serpelloni e ne ha diposto il reintegro, ravvisando un’irregolarità formale nella procedura di licenziamento senza entrare nel merito dell’affaire Mfp, peraltro ancora da definire in sede giudiziaria in una pioggia di ricorsi e controricorsi.
Oggi la mossa dell’Ulss di Verona. Una delibera del direttore generale Bonavina prende atto del ritorno in azienda dell’ex braccio destro di Giovanardi, ma gli sbarra la strada del ritorno al vertice del Sert. Perché, si legge nella delibera, nel 1999 Serpelloni è stato promosso senza alcun concorso, che sarebbe stato “imperativo e inderogabile”, dato che, secondo l’Ulss, la normativa impone “l’effettuazione della procedura selettiva dei candidati idonei”. A suo tempo, la nomina fu giustificata dal fatto che si erano aperte due posizioni di vertice con due soli candidati, il che rendeva “del tutto superfluo attivare una procedura concorsuale interna per titoli”, si legge nella delibera nel 1999 citata nel provvedimento di oggi.
Risultato, Serpelloni passa da dirigente medico di primo livello a dirigente semplice e da settembre sarà assegnato al Servizio di medicina territoriale e specialistica. Uno smacco per l’ex capodipartimento della Presidenza del consiglio che sulla prevenzione antidroga ha costruito un’importante carriera. Spesso accompagnata da polemiche per la sua adesione alla linea dura proibizionista di stampo giovanardiano.