I nipoti del commendatore Lorenzo Leone stanno per mettere le mani sui loro milioni. Tra pochi giorni, dopo un’intimazione dello Ior, chiuderanno i loro conti correnti e così gli 8,3 milioni di euro (parte in valuta Usa) che da decenni sono depositati nel torrione Niccolò V, dentro le mura leonine, saranno girati con un bonifico a una banca italiana indicata dai due correntisti: Lorenzo e Pasquale Leone Procacci, i figli della figlia del commendator Lorenzo Leone, già vicepresidente dal 1972 al 1994 della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, morto nel 1998. Era noto che le suore dell’istituto ora al centro dell’inchiesta avessero accumulato fondi ingenti allo Ior. Somme che furono poi scudate e portate in banche italiane, dove i pm di Trani hanno sequestrato 27 milioni di euro nel 2013. Ora si scopre che ci sono altri 8 milioni e 300 mila euro intestati ai due nipoti del vecchio vicepresidente che stanno per riportarli in Italia in queste ore. Grazie anche alle possibilità ammesse dalla nuova legge sulla cosiddetta ‘volontary disclosure’ i Leone potranno regolarizzare la loro posizione con il fisco con una spesa modica. E la sorpresa è doppia, perché i soldi sono rimasti depositati allo Ior anche nell’era di Papa Francesco nonostante fossero sui conti di due clienti laici che dovrebbero essere banditi dallo Ior dal 2013 e nonostante – secondo i pm di Trani – quei depositi dei nipoti siano il frutto delle appropriazioni indebite del nonno ai danni della Cdp.
Le rogatorie e le autorità antiriciclaggio
I pm di Trani non hanno iscritto sul registro degli indagati i due Leone Procacci, ma nella richiesta di arresto per il senatore Azzollini, le suore e i manager dell’istituto di Bisceglie i magistrati dedicano al tesoretto della famiglia Leone un capitolo. Il procuratore aggiunto Francesco Giannella, il sostituto Silvia Curione e il capo della Procura di Trani Carlo Maria Capristo, non hanno dubbi sull’origine del tesoro: il commendatore Lorenzo Leone, “riuscì a depredare le casse della Casa di tanto denaro da accumulare anche per se stesso un patrimonio enorme”. Proprio quel denaro è poi passato nel 1998 in successione alla figlia Anastasia e da questa nel 2011 trasmesso in eredità ai nipoti. Il tesoretto è stato scoperto solo grazie alle risposte del Vaticano alle rogatorie dei pm pugliesi e questa è una buona notizia sulla Chiesa di Bergoglio. La presenza di questi 8,3 milioni allo Ior nel 2015 invece sorprende non poco: le nuove regole varate nel 2013 non permetterebbero allo Ior di mantenere correntisti non religiosi e “anomali” come questi. I fratelli Leone Procacci, e con loro centinaia di clienti, però non sono stati costretti a portare via i soldi, come scritto dalla stampa amica. Lo Ior ha solo congelato la loro posizione evitando che operassero sul conto. Dal Vaticano fanno sapere che i due conti dei Leone Procacci sono tra i 274 conti laici che al 31 dicembre scorso restavano da chiudere ma i nipoti di Leone avevano ricevuto una intimazione a farlo proprio poche settimane fa. I soldi, a parte una serie di prelievi per circa 800 mila euro prevalentemente operati da Pasquale Leone Procacci, sono gli stessi che erano stati accumulati dal nonno nel secolo scorso. La Procura di Trani sta studiando le carte. L’Aif e l’Uif, le due autorità antiriciclaggio di Vaticano e Italia, sono in contatto tra loro da settimane, però allo stato nulla può impedire ai due fratelli di portare in Italia i loro soldi. Così, mentre la Cdp è in dissesto e centinaia di dipendenti hanno perso il lavoro, gli eredi dell’ex vicepresidente potranno incassare le somme “depredate” secondo i pm alla Cdp.