La finale verrà ricordata per la presenza ai blocchi di partenza di ben quattro atleti squalificati in passato per l'uso di sostanze dopanti: si tratta del giamaicano Asafa Powell e degli statunitensi Justin Gatlin (argento per lui), Tyson Gay e Mike Rodgers
Usain Bolt. L’uomo più veloce del pianeta è sempre lui. Per la terza volta. A Pechino batte di un soffio il grande favorito Justin Gatlin. Quanto basta per conservare lo scettro e aggiungere un altro oro ai trionfi di Berlino 2009 e Mosca 2013. Il giamaicano copre la distanza regina in 9”79 precedendo Gatlin, imbattuto da ventitré mesi, di un centesimo. Sul gradino più basso del podio il canadese Andre De Grasse e Trayvon Bromell, che hanno entrambi fermato il cronometro a 9”92.
Una vittoria non solo di gambe, quella di Bolt. Reduce da due stagioni difficili (nel 2014 ha partecipato a una sola gara) e da una semifinale da correre a tutta per una partenza pessima, il campione giamaicano risponde con la testa. Si alza bene dai blocchi, non lascia troppi metri a Gatlin e sul lanciato lo va riprendere mentre l’americano si scompone negli ultimi 20 metri. L’oro permette all’uomo più veloce del pianeta di raggiungere Carl Lewis e Maurice Greene nel ristretto club degli sprinter tri-campioni mondiali. E allo stesso tempo diventa l’atleta con più medaglie (11) nella storia della rassegna iridata. Il tutto nella stadio dove, ai Giochi olimpici del 2008, sbocciò la sua leggenda.
Uno spettacolo condito da due record. Non è stata solo la prima finale mondiale a 9 a causa della presenza di due ‘ottavi’, Bingtian Su e Jimmy Vicaut. Ma anche quella che ha visto la partecipazione di ben quattro sprinter che nella loro carriera sono stati squalificati per doping. Ad iniziare dal grande sconfitto Gatlin, risultato positivo al testosterone nel 2006 ed escluso dalle competizioni per 8 anni (poi ridotti a 4) perché recidivo essendo già stato fermato per uso di anfetamine. In pista sono scesi anche Tyson Gay, Asafa Powell e Mike Rodgers. Nel 2014 il giamaicano venne fermato per sei mesi dall’Usada per la positività a uno stimolante presente anche negli integratori da palestra: sei mesi di squalifica retroattiva con la cancellazione di tutti i suoi risultati a partire dal 21 giugno 2013. Gay saltò invece i campionati mondiali di Mosca 2013 a causa di uno stop di un anno che gli costò anche il contratto di sponsorizzazione con Adidas. La positività dell’altro americano risale invece all’agosto 2011, quando fallì un test anti-doping: Rodgers – che all’epoca si trovava in Italia – venne fermato per nove mesi perché positivo a uno stimolante proibito e si difese dicendo di aver solo bevuto una bevanda durante una serata trascorsa in un locale. Venendo però smentito dalle controanalisi.
“Non posso combattere il doping da solo”, aveva detto alla vigilia Usain Bolt che non è mai incappato in alcun tipo di sospetto. A Pechino batte di nuovo tanti colleghi con lunghe ombre nel loro passato. Nel momento in cui l’atletica si dimena per liberarsi da scandali e accuse e il nuovo presidente della Iaaf Sebastian Coe annuncia “tolleranza zero contro chi bara”, il regno dell’uomo sorridente e pulito continua. Basta un Bolt concreto per metterli tutti in riga. Non il migliore di sempre, ma ancora il più veloce di tutti. In questo momento nero, il miglior spot per chi ama la regina delle discipline olimpiche.