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La Grecia è un laboratorio per il superamento della crisi, è un luogo dove si sperimentano nuove forme di iniziativa e/o di resistenza? A questa domanda non trovo molte risposte nelle notizie che leggo e nel dibattito politico che seguo, incentrato sul braccio di ferro tra Atene Bruxelles e Francoforte, o sul tema della coerenza di Tsipras, e se aveva ragione Varoufakis, o viceversa se Tsipras avrebbe fatto meglio a non convocare neanche il referendum.

Capisco benissimo che saranno temi importanti nelle prossime elezioni greche ma anche nell’evoluzione in Italia della politica a sinistra del Pd e forse un po’ anche nello stesso Pd. Tuttavia in quasi tre settimane di viaggio in Grecia (tra Cefalonia e Nordovest continentale, passando per Patrasso) altre sono le domande che mi sono posto e porrei, senza pretendere di aver capito, e senza pretendere di contrapporre il livello “micro” al livello “macro”.

Parto da un episodio che mi ha molto colpito: due ragazze di Atene erano accanto a noi nel camping di Cefalonia. Erano arrivate con i mezzi pubblici. Ovvio il traghetto, ma perché accanto ai bus che inevitabilmente diventano più cari, non esiste il Bla Bla Car? La Grecia, che se è il paese europeo più in crisi, dovrebbe essere quello in cui maggiormente si cerca di condividere, non ha né il Bla Bla car ufficiale né una sua versione locale. Di più: non c’era neanche una bacheca di annunci come negli ostelli e se non fosse venuto in mente a noi di offrirgli un passaggio, le ragazze non avrebbero neanche visto la spiaggia più bella, a 15 chilometri di distanza.

In generale, i greci mi danno sempre più l’impressione di un popolo in cui prevalgono le caratteristiche gentili, cordiali, socievoli. Ma l’unica novità notata rispetto agli agosti 2011, 2012 e 2013 (nel 2014 sono andato altrove) è la frequenza più alta nel darti scontrino fiscale e ricevuta. Per il resto, in questa grande e abbastanza variegata Grecia (minore?), delle coste, delle isole e dei monti, non mi pare di aver notato niente di nuovo. Nessun appello, nessun richiamo, nessuna proposta che non siano quelle tradizionali.

Pochissimi anche i tentativi di vendere frutta miele o altri prodotti agricoli dai bordi delle strade. Qualche mese fa avevo tentato, senza riuscirci, di trovare un interlocutore a una mia lettera aperta su alcune questioni ambientali che potrebbero almeno alleviare la crisi. Ora la confermo e anzi vorrei approfondire. Economia circolare del recupero e del riciclo? “Social Innovation” innovazione sociale per supplire al restringersi e alle rigidità dello Stato Sociale? Economia verde? Mutualismo solidale, solidarietà, beneficenza? Imprenditoria della sharing economy?

Non ho visto nulla di tutto ciò. Neanche desolazione disperata, d’altra parte (né nuova speculazione immobiliare) e per fortuna. Mi diranno che è ad Atene e a Salonicco che si vedono le alternative o comunque le novità, e non posso contestarlo, perché non ho fatto analisi sul campo. Ma non occorre una particolare specializzazione per capire che tra le ragioni della crisi, o comunque tra gli squilibri da superare, c’è stato anche un abnorme rigonfiamento della metropoli e che è alla Grecia “minore” e diffusa che si deve tornare. Al di là del giusto braccio di ferro sul debito la Grecia in questo momento non sembra un laboratorio di risposte e il problema non è se è troppo o troppo poco di sinistra, ma se ha una società civile attiva e in che senso. Comunque: le acque sgorgano ancora abbondanti tra le pendici verdi del Pindo e “the answer is blowin’ in the wind”.

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