Il 18 agosto hanno decapitato Khaled al Asaad, uno dei massimi studiosi siriani di antichità ed ex direttore del sito archeologico locale. Poi hanno abbattuto con le ruspe il monastero cattolico di Mar Elian a Qaryqatayn e infine, domenica 23 agosto, hanno fatto saltare in aria a Palmira il tempio di Baal Shamin (Il signore del Cielo). Continuano così le distruzioni di tesori e reperti archeologici da parte dei miliziani dello Stato islamico, che hanno demolito il santuario del secondo secolo dopo Cristo, dedicato ad una divinità assimilabile a Mercurio.
Il sito era ritenuto uno dei principali templi dell’antichità, secondo gli esperti, una perla nel deserto siriano. A dare la notizia è stato Maamoun Abdulkarim, responsabile delle Antichità siriane. Il territorio e l’antica città semita sono stati conquistati lo scorso maggio dai guerrieri jihadisti e da allora sono diventati palcoscenico di violenze e attentati. La distruzione dell’edificio è avvenuta a poche decine di metri dal teatro romano di Palmira, luogo che Isis aveva voluto per effettuare alcune esecuzioni pubbliche.
A giugno gli estremisti del Califfato avevano distrutto anche due mausolei musulmani, spiegando che erano utilizzati per ‘pratiche pagane’. Si tratta della tomba di Mohammed bin Ali, un discendente del cugino del profeta Maometto, e quella di Nizar Abu Bahaaeddine.
Palmira è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità: fiorì fra il I ed il III secolo dopo Cristo come punto di sosta per carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano. Per questo motivo fu soprannominata la ‘Sposa del deserto‘. Il nome greco della città, Palmyra, è la traduzione dall’originale aramaico, Tadmor, con cui si indica ‘palma’.