Attualità

Una settimana senza social: una tregua dai commentatori compulsivi

Niente pubblicità invadenti, niente finti inviti (in realtà sono imposizioni) a gruppi di cui naturalmente non ci interessa nulla

di Silvia Truzzi

Una settimana senza social network: provare per credere. È come passare da una metropolitana affollata in cui sei invaso dal vociare indistinto delle persone a uno chalet nel bosco. Niente gastrofoto dell’ultima pizza creativa o del soufflé fallito, niente immagini di tramonti sul mare, esibizionismi da battigia in varie salse (dal bikini fluo al polipo da record appena pescato).

Ma soprattutto niente pubblicità invadenti di borse all’ultima moda o dentifrici sbiancanti, niente finti inviti (in realtà sono imposizioni) a gruppi di cui naturalmente non t’interessa nulla. O chiamate alle armi per eventi che si tengono a centinaia di chilometri da dove sei tu. Che poi devi dire “no grazie” e allora la gente ti dice “ma perché no” e ti senti in dovere di spiegare che insomma non puoi. E comunque “che peccato”.

Niente messaggi di sconosciuti che ti chiedono di recensire il loro capolavoro non più nel cassetto, di ascoltare il loro fantastico ep, di pubblicizzare il loro importante “docu” di denuncia. Puoi evitarti sfoghi di mitomani che si lamentano di tutte le ingiustizie del mondo, dal capotreno ineducato al capoufficio severo. Ci si può concedere una tregua perfino dai commentatori compulsivi, improvvisati giuristi che analizzano le riforme costituzionali, politologi da bar sport, ego strabordanti, insultatori di professione che hanno un’opinione su tutto. Perfino sul tuo cognome. Al ridicolo non c’è fine: c’è gente che vuol far sapere quando ha le mestruazioni o la diarrea. Per non dire delle campagne virali, tipo quella promossa dalle ingegnere (#IlookLikeAnEngineer, per dimostrare che si può essere insieme belle donne e ingegneri), o l’imperdibile sequel delle chirurghe, #Ilooklikeasurgeon.

Sette giorni in cui ti fai i fatti tuoi e non quelli degli altri (o quelli che gli altri ritengono assolutamente degni di nota e naturalmente non lo sono quasi mai): una cura detox, una settimana Chenot (a gratis). All’inizio tutto questo silenzio può dare il classico effetto paradosso: l’alienazione. Ma i benefici sono indiscutibili, e non solo per la purificazione dalle banalità. Intanto: i social sono un lavoro, dunque è sacrosanto prendersi le ferie pure da quelli. E poi in vacanza bisogna fare quel che di solito non si fa. Visto che la capacità di attenzione è limitata, ci si concentra su altro. Tipo chiacchierate reali e non monologhi senza contraddittorio. Sui libri e non sui tuìt con i titoli dei libri. Sul nostro cane e non su cuccioli postati su Facebook. Tutte le cose belle finiscono: dunque passata una settimana si può tornare al proprio account con più moderazione e meno narcisismi. Magari anche con un po’ del mai sufficiente “senso dei limiti”.

Il Fatto Quotidiano del 24 agosto 2015

Una settimana senza social: una tregua dai commentatori compulsivi
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

C'era una volta la Sinistra

di Antonio Padellaro e Silvia Truzzi 12€ Acquista
Precedente
Precedente
Successivo
Successivo
Playlist

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione