Scriveva Robert Lucas (premio “Nobel” per l’economia): “Se abbiamo imparato qualcosa dagli ultimi vent’anni, è che c’è parecchia stabilità integrata nell’economia reale”. La stabilità di cui parla Lucas però è frutto di una spiacevole allucinazione. Le fluttuazioni nei mercati finanziari sono enormi e accadano spesso: quella cui assistiamo in questi giorni è l’ennesima dimostrazione che la visione dell’economia neoclassica riassunta da Lucas nel brano sopra riportato è falsificata dall’esperienza empirica.
Il punto è, come ha ben spiegato Mark Buchanan nel suo interessante saggio libro “Previsioni. Cosa possono insegnarci la fisica, la meteorologia e le scienze naturali sull’economia” (Malcor D’E, 2014).
“Negli ultimi trent’anni la teoria economica dominante ha incoraggiato e spinto i governi del mondo a privatizzare le proprie industrie e a deregolare il mercato con l’argomentazione tipica dell’efficienza derivante dal buon senso del mercato. Questo tipo di prospettiva, affermano spesso gli economisti, poggia su raffinate teorie matematiche sviluppate negli anni cinquanta ed evolute continuamente da allora. […] Se si studiano i teoremi economici che affermano di spiegare come i mercati funzionano e si analizzano le condizioni in cui questi teoremi sono stati sostenuti e le conseguenze che hanno implicato sui mercati reali, si nota una differenza esorbitante tra le affermazioni degli specialisti e la realtà. Quest’affermazione non vale per tutti gli economisti, naturalmente, ma per troppi di loro. È come se, iniziando a esplorare i dettagli della teoria della Relatività di Einstein si scoprisse che, di fatto, a dispetto della reputazione che ha di essere una delle teorie più profonde e meglio testate, a dispetto dell’uso che i fisici ne fanno a ogni occasione, non vi sia alcuna ragione di darle credito. La fiducia della fisica e nella scienza ne sarebbe minata irrimediabilmente, e a ragione. È così con l’economia, almeno quella applicata ai mercati.”
Da un punto di vista di uno scienziato, la prima cosa da fare per testare una teoria è cercare la sua verifica nei dati sperimentali. In questo caso i dati sono rappresentati dalle fluttuazioni dei prezzi nei mercati finanziari. Un sistema vicino all’equilibrio deve per forza mostrare piccole fluttuazioni intorno al valore medio. Al contrario, nelle fluttuazioni dei prezzi dei prodotti finanziari si trovano delle variazioni enormi. Alla presenza di queste fluttuazioni l’equilibrio non può essere mantenuto. E’ dunque necessario passare da una visione statica, che assume l’equilibrio, l’ipotesi fondamentale dell’economia neoclassica, a una visione dinamica in cui si cerca di capire in quali circostanze il sistema economico possa essere approssimato come in equilibrio e nei quali bisogna invece focalizzarsi sulla sua intrinseca instabilità. E’ questo che manca all’economia neoclassica moderna (ma ci sono altri approcci che invece si focalizzano proprio sul disequilibrio). Fluttuazioni come quella di ieri, nel quadro neoclassico, dovrebbero accadere una volta ogni miliardo di anni o più. Semplicemente vanno al di là di qualsiasi interpretazione teorica neoclassica.
Ancora Buchanan:
“Vorrei comunque dimostrare che l’idea che i mercati siano le macchine delle meraviglie auto-regolanti e stabilizzanti, sviluppata nella teoria economica [ndr: neoclassica], sia per lo più una fantasia e che la consapevolezza comune del loro reale operare sia piuttosto primitiva. L’economia non ha compiuto progressi, né ha beneficiato delle più importanti idee scientifiche e matematiche dell’ultimo cinquantennio; oggi fatica a imparare dalle altre scienze moderne, specialmente dalla fisica, ma anche dall’informatica, dall’ecologia e dalla biologia evolutiva.”
La domanda che bisogna porsi è dunque: “Perché malgrado l’evidente incapacità di spiegare la realtà degli economisti neoclassici, sono sempre loro a guidare le scelte dei governi e a influenzare l’opinione pubblica?”.