Questo colloquio è uscito sul "Fatto" poco prima della notifica di un provvedimento che vieta all'ex direttore della biblioteca di Napoli condannato in via definitiva per peculato: "Vogliono scaricare tutto su di me"
Questa intervista è uscita sul Fatto Quotidiano poche ore prima della notifica del provvedimento. Dalla mattina del 26 agosto il ladro dei Girolamini Marino Massimo De Caro non può più rispondere al cellulare ne furoreggiare sui social network. Il magistrato di sorveglianza ha disposto il divieto di comunicazione con l’esterno per l’ex direttore della storica biblioteca napoletana, condannato con sentenza definitiva per averne depredato centinaia di volumi antichi. Un divieto emesso con procedura d’urgenza e valido un mese. Ad agosto De Caro, che sta scontando la pena ai domiciliari per le sue precarie condizioni di salute, era stato autorizzato a usare il telefono e internet, purché non entrasse in contatto con “pregiudicati”. Di solito i giornalisti non lo sono. In queste settimane De Caro ha utilizzato Facebook e il telefonino per fare dichiarazioni alla stampa, dichiarare il suo pentimento, puntare il dito contro presunti bibliotecari anch’essi ladri di volumi antichi, dibattere e chattare con amici e denigratori. Ha voluto lanciare segnali? Può inquinare le acque di un altro processo ancora in corso, in cui è imputato di devastazione e saccheggio? Domande legittime. Tra la telefonata di preannuncio della notifica e la sua esecuzione, De Caro ha fatto in tempo ad andare su Fb per dire che forse il “bavaglio” in arrivo serviva a nascondere “le responsabilità del ministero”. E’ la sua opinione e noi ne prendiamo solo atto.
Marino Massimo De Caro, ladro di libri antichi “pentito”. Detenuto ai domiciliari ma libero di comunicare e di usare i social network. Condannato per peculato in via definitiva per aver sottratto e venduto i volumi dei “Girolamini”: ha ammesso le proprie responsabilità e ha collaborato con gli inquirenti.
Lei è sotto processo in un filone bis, con accuse di associazione a delinquere, devastazione e saccheggio della biblioteca napoletana.
Queste ultime accuse però sono ingiuste e fuorvianti.
Perché?
La biblioteca era già devastata e saccheggiata prima del mio arrivo.
Lo può dimostrare?
Nel 2009 il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo padre conservatore certifica che la collezione dei libri è in condizione disastrata. Quattro giorni dopo la mia nomina a direttore dei Girolamini, giugno 2011, faccio scrivere una lettera per ottenere 3 milioni di euro per affrontare una situazione di degrado già a conoscenza del Mibac, che però nega i finanziamenti.
Su Facebook lei invita i bibliotecari a “liberarsi dal male”
Ci sono librai, una minoranza, che ricettano senza problemi libri rubati. Alcuni hanno nei loro cataloghi i libri sottratti ai Girolamini. In un verbale al pm, a maggio, ho indicato i volumi e ho fatto i nomi. Il 21 settembre farò dichiarazioni spontanee sul punto.
Lo sa perché glieli ha venduti lei?
Certo. Ho segnalato anche volumi della cui scomparsa la Procura non si era accorta, perché era impossibile ricostruirne la provenienza: ai Girolamini mancavano i cataloghi topografici (la collocazione fisica dei libri, ndr).
Lei è accusato di averli distrutti.
È un errore dei consulenti della Procura. Nel passaggio di consegne del 2009, un documento del Mibac, è scritto che non ci sono mai stati.
Non è facile raccapezzarsi
Le faccio un esempio: un documento del 1990 dice che nei Girolamini c’erano 94 incunaboli, libri stampati nel ‘400. Io ne ho presi 3. Ne sono rimasti 91, ci sono ancora. Mi imputano di averne rubati 270. Come è possibile?
Il processo chiarirà.
Ma io ho un retropensiero. I consulenti della Procura, che mi hanno attaccato pesantemente nelle loro relazioni, siano dipendenti del Mibac che è parte civile e che io a mia volta accuso di aver abbandonato i Girolamini.
Quindi?
Molte delle responsabilità della devastazione dei Girolamini sono del Mibac e precedenti al mio arrivo. Vogliono scaricare su di me il “puzzone” che ha rubato e che ha confessato, colpe non mie. Come quelle della decimazione della sala Vico, 1500 ammanchi antecedenti alla mia nomina, che denunciai una settimana prima del mio arresto (e a Londra ne riuscii a recuperare 28), tanto che qualcuno pensò a una manovra di depistaggio: 8 milioni di euro di danni. Io da quella sala ne presi “solo” 100.
Dell’Utri al telefono con lei definisce noi del Fatto Quotidiano “gentaglia”.
Invece siete ottimi professionisti e forse potreste essere gli unici capaci di far venire fuori tutta la verità su questa storia.
Parlate anche di una “novena” per il senatore.
La chiesi io ai padri della congregazione dei Girolamini. Dell’Utri doveva essere operato al cuore. Una preghiera per il suo benessere, non certo per le grane giudiziarie.
Da Il Fatto Quotidiano del 26 agosto 2015