Michela Danieli
da Stoccolma
“E’ la profanazione della tomba di Stieg”, dicono gli amici d’infanzia Svante Brandén e Anders Lindblom. “Credo che Stieg si sentirebbe stupito e offeso”, secondo Eva Gabrielsson, la compagna di vita. “E’ un furto dell’intelletto, un plagio”, sostengono quanti l’hanno conosciuto da vicino e hanno avuto il privilegio di lavorare con lui. Parliamo di Stieg Larsson, il genio letterario che ha generato la trilogia “Millennium” e i suoi indimenticati personaggi: l’inarrestabile hacker Lisbeth Salander e il giornalista d’inchiesta Mikael Blomkvist. È una bufera di polemiche insistente quella che in Svezia sta anticipando l’evento letterario dell’anno, l’uscita di un quarto libro, “Quello che non uccide”, presentato come la prosecuzione della saga che ha stregato mezzo globo e che porta la firma di un altro scrittore svedese, David Lagercrantz, noto per la biografia del calciatore Zlatan Ibrahimovic, che sarà in Italia al festival della letteratura di Mantova giovedì 10 settembre.
Uscirà il 27 agosto in 40 Paesi, per i quali è stato tradotto in 32 lingue (dalla Marsilio per l’Italia). Stieg aveva immaginato dieci volumi per la missione dei suoi personaggi. Ne consegnò tre alla casa editrice Norstedts. Tornò poi a fare il suo giornalismo d’inchiesta nel trimestrale da lui fondato, Expo. Un impegno civile che gli impedì, anche su “consiglio” dei servizi segreti, di sposare Eva, per non far figurare il loro indirizzo sui registri pubblici, e proteggersi così da gruppi eversivi di estrema destra, che già lo tenevano nel mirino. Quello che non poteva immaginare era di morire a cinquant’anni, nel novembre del 2004, stroncato da un infarto dopo aver salito a piedi (l’ascensore era rotto) gli otto piani che lo separavano dalla sua redazione. Non ebbe neanche il tempo di realizzare l’entità del successo planetario che avrebbe riscosso e l’inestimabile fortuna economica che ne sarebbe scaturita. Fortuna legalmente ereditata dal padre e dal fratello, che lui conosceva appena visto che, figlio di genitori giovanissimi, fu affidato e cresciuto dai nonni ad Umeå, nell’estremo nord della Svezia, da dove i suoi compagni di giochi, oggi, lo ricordano infuriati. “Con questo libro il lavoro di Stieg è ridotto ad una commercializzazione circense. Davvero è auspicabile che fino a quando le opere sono protette dal diritto d’autore, non vi sia alcuna norma che vieti agli eredi di sfruttare gli artisti defunti?”.
Esclusa da ogni diritto ereditario, invece, la Gabrielsson, compagna dello scrittore per 32 anni, co-artefice e musa della sua vena creativa e tuttora in attesa che il Parlamento modifichi l’attuale legge sulla convivenza con efficacia retroattiva (l’ordinamento svedese lo prevede), per rivendicare soprattutto la tutela del diritto d’autore di Stieg. È questa infatti la cosa che più indigna la Gabrielsson e parte dell’opinione pubblica: la gara speculatoria che si è scatenata dopo la morte di un genio mite, modesto e tremendamente determinato a combattere estremismo, razzismo e sessismo. Mai avrebbe immaginato tutto questo, lui, che per bocca dei suoi personaggi, ha saputo denunciare un sottobosco della società svedese, una cellula segreta e pericolosissima per l’avanzata delle destre estreme, e molto altro. Senza mai incappare in censure, grazie all’eterna allusione ad un mondo parallelo, virtuale e reale insieme. La Gabrielsson ha potuto solo rimanere nel loro appartamento dove il prolifico autore potrebbe aver lasciato qualche preziosissima bozza sull’autentica prosecuzione della trilogia. Leggenda o verità? La compagna continua a smentire ma i soliti ben informati sono pronti a giurare che lei tiene stretta “la sua arma”. Ad acuire i veleni degli ultimi giorni ha contribuito probabilmente anche un’intervista fiume di Lagercrantz, rilasciata ad uno dei maggiori quotidiani nazionali svedesi sotto forma di “diario della nascita del libro”. L’enfasi usata nel narrare come è entrato nella penna del grande autore, fino a sentirsi in contatto con Lisbeth, proprio come era solito raccontare Stieg, che parlava della sua creatura letteraria come di un essere reale, ha sollevato forte irritazione. “E’ grottesco – commenta la Gabrielsson – avrebbe dovuto rifiutare la proposta. Se Lagercrantz è così bravo, può anche scrivere libri suoi”.