Il regista Stefano Di Polito, classe 1975, è torinese di Mirafiori, figlio di operai, rimasto nel quartiere fino agli anni dell'università. Un legame con un background familiare e politico che è evidente nel film, nel quale sono presenti molti spunti autobiografici
Tre ex operai della Fiat, Carlo, Franco e Delfino. Mirafiori, un quartiere in crisi, è ormai l’ombra del simbolo delle lotte operaie che fu. Una fabbrica abbandonata sta per essere abbattuta per fare spazio a un campo da golf. Un ultimo tentativo per ripopolare il quartiere. Sono gli ingredienti di Mirafiori Lunapark, il film diretto da Stefano Di Polito, interpretato da Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli, prodotto da Mimmo Calopresti (che collabora anche alla sceneggiatura) e Eileen Tasca per Alien Films, in collaborazione con Rai Cinema, e in sala dal 27 agosto.
È una commedia poetica, ma è anche un film chiaramente politico, intriso di nostalgia e impegno civile che non si spegne nonostante il passare degli anni e il mutamento radicale del panorama sociale e culturale del paese. Salvare la fabbrica abbandonata, dunque, è salvare un mondo che non c’è più, ma che ha rappresentato una fetta fondamentale (e oggi colpevolmente ignorata) di storia italiana. Il regista Stefano Di Polito, classe 1975, è torinese di Mirafiori, figlio di operai, rimasto nel quartiere fino agli anni dell’università. Un legame con un background familiare e politico che è evidente nel film, nel quale sono presenti molti spunti autobiografici (a cominciare dai nomi dei tre protagonisti). “Attraverso il linguaggio cinematografico – racconta Di Polito – abbiamo giocato con i luoghi e le persone di Mirafiori riproponendo così una favola surreale che si regge concretamente su valori e presenze reali nella mia vita e nel quartiere. E spero nella biografia di ogni spettatore”.
Tra immagini di repertorio (dall’inaugurazione degli stabilimenti alle lotte operaie) e poetiche giostre postindustriali create con le portiere delle automobili, Mirafiori Lunapark è un racconto urbano di assoluto valore, un riconoscimento (speriamo non postumo) ad un mondo che è custodito dalle menti e dall’impegno di chi aveva qualcosa in cui credere. Il confronto con i giorni nostri potrebbe sembrare desolante, ma forse l’intento della pellicola di Di Polito è proprio quello di riaccendere nell’animo degli spettatori una scintilla di impegno sociale e politico che servirebbe anche adesso.