Una quota “significativa” del capitale di Daimler, uno degli orgogli automobilistici della Germania, potrebbe passare in mani cinesi. Di Beijing Automotive Group Holding Co (BAIC Group), per la precisione, il colosso interamente controllato dallo Stato che dal 2005 ha una joint-venture con la casa di Stoccarda. Dal 2013, la società tedesca possiede il 13% di quella del Regno di Mezzo, ma l’operazione contraria fa più scalpore. E, soprattutto, potrebbe essere significativamente più rilevante dal punto di vista economico.
A differenza degli altri due grandi gruppi del paese – Volkswagen e BMW – il cui controllo è saldamente nelle mane di due alcune famiglie (Porsche e Piech e Quandt), Daimler ha un assetto societario molto più “volatile” ed è più esposta ai rischi di scalate ostili, ad esempio dei temuti hedge funds. L’azionista più importante è il fondo del Kuwait con il 6,8% seguito dall’alleanza franco giapponese Renault Nissan con il 3,1%.
Ai vertici di Daimler l’idea di un socio di riferimento con un impegno a lungo termine non dispiace affatto, anzi: il 75% del restante capitale è controllato da investitori istituzionali (fondi, assicurazioni e via dicendo) e il 15% da investitori privati. L’operazione condotta da Abu Dhabi, che inizialmente non doveva essere “speculativa”, ha rivelato la delicatezza della situazione: entrati nel 2009 quando il titolo era ai minimi e Daimler necessitava di risorse, gli emiri hanno fatto cassa qualche anno più tardi voltando le spalle alla Stella.
L’importo della ventilata operazione cinese non è stato reso noto. Ma le parti, in particolare quella di Pechino, l’hanno confermata. Daimler ha fatto sapere di “essere sempre contenta di manifestazioni di interesse nei confronti della nostra società”. Mentre il presidente di BAIC, Xu Heyi (nella foto in alto), citato dai media cinesi, ha lasciato intendere che l’acquisto potrebbe riguardare “quote significative”. Secondo quanto rimbalza dalla Cina le trattative sarebbero ormai arrivate alla “fase conclusiva” e potrebbe venire formalizzata entro fine anno.
Il grande interrogativo è semmai in che modo si sposterebbe il baricentro della barra di comando. E, soprattutto, quanto del know how del gruppo verrebbe trasferito in Cina, attraverso BAIC. Dieter Zetsche aveva già dichiarato che “le nostre attività in Cina non possono essere a senso unico”. La società di stato ha prodotto nel 2014 2,25 milioni di veicoli ed è il quarto gruppo del paese con interessi che vanno dai veicoli commerciali e industriali (Foton) a quelli militari, oltre che abbracciare la gamma “privati” (BAIC), con un marchio per i suv (BAW). Fondata nel 1958, la Holding collabora oltre che con Mercedes-Benz, anche con i coreani di Hyundai. E attraverso la controllata Foton sta sostenendo la rinascita del marchio tedesco Borgward, che al prossimo Salone di Francoforte presenterà il primo modello della “seconda vita”, un Suv.
La “dote” di Daimler è tecnologica ed economica. La prima serve ai cinesi per consolidare la propria presenza sui mercati e riuscire ad offrire quello che, finora, non sono ancora riusciti a presentare sul mercato. La seconda è una rendita interessante: la cedola staccata quest’anno ammontava al 3% rispetto al valore del titolo con un incremento del 9% rispetto all’esercizio precedente. Daimler, d’altro canto, fa buoni affari in Cina: nel 2015 stima di superare la soglia delle 300.000 auto consegnate nel Paese. Nel 2014 si era fermata a 292.663, ma appena 4 anni prima era a quota 160.000. Il volume d’affari era di 9,1 miliardi nel 2010 e a bilancio, lo scorso anno, ne erano stati contabilizzati 13,3.
Nella foto sotto, l’accordo per l’acquisizione da parte di Daimler di una quota del 12% in Baic, a novembre 2013. In centro, Dieter Zetsche e Xu Heyi.

Fatti a motore
Daimler, entro fine 2015 la cinese Baic acquisirà una quota “significativa”
Uno degli orgogli automobilistici della Germania potrebbe passare in mani cinesi. Quelle della Beijing Automotive Group Holding, interamente controllato dallo Stato, che dal 2005 ha una joint-venture con la casa di Stoccarda
Una quota “significativa” del capitale di Daimler, uno degli orgogli automobilistici della Germania, potrebbe passare in mani cinesi. Di Beijing Automotive Group Holding Co (BAIC Group), per la precisione, il colosso interamente controllato dallo Stato che dal 2005 ha una joint-venture con la casa di Stoccarda. Dal 2013, la società tedesca possiede il 13% di quella del Regno di Mezzo, ma l’operazione contraria fa più scalpore. E, soprattutto, potrebbe essere significativamente più rilevante dal punto di vista economico.
A differenza degli altri due grandi gruppi del paese – Volkswagen e BMW – il cui controllo è saldamente nelle mane di due alcune famiglie (Porsche e Piech e Quandt), Daimler ha un assetto societario molto più “volatile” ed è più esposta ai rischi di scalate ostili, ad esempio dei temuti hedge funds. L’azionista più importante è il fondo del Kuwait con il 6,8% seguito dall’alleanza franco giapponese Renault Nissan con il 3,1%.
Ai vertici di Daimler l’idea di un socio di riferimento con un impegno a lungo termine non dispiace affatto, anzi: il 75% del restante capitale è controllato da investitori istituzionali (fondi, assicurazioni e via dicendo) e il 15% da investitori privati. L’operazione condotta da Abu Dhabi, che inizialmente non doveva essere “speculativa”, ha rivelato la delicatezza della situazione: entrati nel 2009 quando il titolo era ai minimi e Daimler necessitava di risorse, gli emiri hanno fatto cassa qualche anno più tardi voltando le spalle alla Stella.
L’importo della ventilata operazione cinese non è stato reso noto. Ma le parti, in particolare quella di Pechino, l’hanno confermata. Daimler ha fatto sapere di “essere sempre contenta di manifestazioni di interesse nei confronti della nostra società”. Mentre il presidente di BAIC, Xu Heyi (nella foto in alto), citato dai media cinesi, ha lasciato intendere che l’acquisto potrebbe riguardare “quote significative”. Secondo quanto rimbalza dalla Cina le trattative sarebbero ormai arrivate alla “fase conclusiva” e potrebbe venire formalizzata entro fine anno.
Il grande interrogativo è semmai in che modo si sposterebbe il baricentro della barra di comando. E, soprattutto, quanto del know how del gruppo verrebbe trasferito in Cina, attraverso BAIC. Dieter Zetsche aveva già dichiarato che “le nostre attività in Cina non possono essere a senso unico”. La società di stato ha prodotto nel 2014 2,25 milioni di veicoli ed è il quarto gruppo del paese con interessi che vanno dai veicoli commerciali e industriali (Foton) a quelli militari, oltre che abbracciare la gamma “privati” (BAIC), con un marchio per i suv (BAW). Fondata nel 1958, la Holding collabora oltre che con Mercedes-Benz, anche con i coreani di Hyundai. E attraverso la controllata Foton sta sostenendo la rinascita del marchio tedesco Borgward, che al prossimo Salone di Francoforte presenterà il primo modello della “seconda vita”, un Suv.
La “dote” di Daimler è tecnologica ed economica. La prima serve ai cinesi per consolidare la propria presenza sui mercati e riuscire ad offrire quello che, finora, non sono ancora riusciti a presentare sul mercato. La seconda è una rendita interessante: la cedola staccata quest’anno ammontava al 3% rispetto al valore del titolo con un incremento del 9% rispetto all’esercizio precedente. Daimler, d’altro canto, fa buoni affari in Cina: nel 2015 stima di superare la soglia delle 300.000 auto consegnate nel Paese. Nel 2014 si era fermata a 292.663, ma appena 4 anni prima era a quota 160.000. Il volume d’affari era di 9,1 miliardi nel 2010 e a bilancio, lo scorso anno, ne erano stati contabilizzati 13,3.
Nella foto sotto, l’accordo per l’acquisizione da parte di Daimler di una quota del 12% in Baic, a novembre 2013. In centro, Dieter Zetsche e Xu Heyi.
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".